Il reticolo reciproco

 

Il concetto di reticolo reciproco (e quello di spazio reciproco) è molto pervasivo nelle scienze dello stato solido, e gioca un ruolo fondamentale nella maggior parte degli studi  analitici delle strutture periodiche.    

Ci si arriva da strade diverse, quali la teoria della diffrazione, lo studio astratto di funzioni periodiche in un reticolo di Bravais, la teoria delle bande elettroniche, gli spettri vibrazionali reticolari, e, in pratica, da ogni disciplina orientata allo studio delle proprietà dei solidi. 

Esso fu introdotto per la prima volta da P. P. Ewald (1912, tesi di laurea).

Dal punto di vista dei cristallografi, il reticolo reciproco è uno strumento molto utile nei calcoli metrici, e, come vedremo, nella geometria della diffrazione, permettendo di interpretare quantitativamente i pattern di diffrazione di raggi X, elettroni, neutroni (da cui si ottengono le strutture cristalline e molecolari). I fisici lo utilizzano nello studio della propagazione di onde di tutti i tipi in un mezzo periodico (spazio k).

 

Ci sono diversi approcci al reticolo reciproco. Cominciamo con un approccio assiomatico, una costruzione geometrica astratta, basata sull’algebra vettoriale.

 

Siano a, b, c i vettori elementari di un reticolo cristallino che chiameremo diretto o reale. Un secondo reticolo, definito dai vettori elementari a*, b*, c*, e detto reciproco del primo se soddisfa le seguenti condizioni:

 

a*.b   =  a*.c  = b*.a  =  b*.c  =  c*.a  =  c*.b  = 0

      a*.a   =  b*.b  = c*.c = 1

 

La prima serie di condizioni indica che a* è perpendicolare a b e c,   b* è perpendicolare ad a e c, c* ad a e b. La seconda riga fissa in modulo e verso i tre vettori reciproci fondamentali a*, b*, c*.

Potremo quindi scrivere

a* = cost. (b x c)

ma essendo  a*.a  = 1 avremo

a*.a = cost. (b x c).a = cost. V = 1

Quindi cost. =1/V (V = volume di cella), e avremo per i tre parametri reciproci 

a* = (b x c)/V        b* = (a x c)/V            c* = (a x b)/V

In termini scalari

a* = (bc sinα)/V      b* = (ac sinβ)/V        c* = (ab sinγ)/V

Si noti che V* = a* . (b* x c*) = 1/V.

   

RICORDIAMO: Il prodotto scalare di due vettori, v e w, è uno scalare!    

Il modulo è mod( v . w ) = vw cos(q).

 

Il prodotto vettoriale tra due vettori, v e w, è un vettore

 Il modulo è mod( v x w) = vw sin(q)  e la direzione è perpendicolare al piano dei vettori v e w con verso fissato dalla regola della mano destra.

 

Le definizioni suggeriscono che i ruoli dei reticoli diretto e reciproco sono intercambiabili, nel senso che il reciproco del reticolo reciproco è il reticolo reale.

 

Si puo facilmente verificare che i reciproci dei reticoli triclini, monoclini, etc.    sono anch’essi triclini, monoclini, etc. Ma il reciproco di un reticolo F è un reticolo I e viceversa.

Qualsiasi vettore nello spazio reciproco sarà una combinazione lineare dei vettori di base a*, b* e c*, secondo:

r* = d*hkl = ha* + kb* + lc*

La terna di indici di Miller (hkl), che nello spazio diretto è associata ad una famiglia di piani paralleli, nello spazio reciproco indica le componenti del vettore d*hkl ad essi associato. Questo vettore è normale alla famiglia di piani (hkl).    Se h, k , l sono interi primi fra loro vale la relazione 

dhkl* = K / dhkl              

dove K è una costante arbitraria, che è talora conveniente prendere unitaria ma per la diffrazione è meglio assumere uguale alla l della radiazione usata,  e dhkl è la distanza interplanare della famiglia di piani (hkl).

 

Questi vettori d* sono vettori del reticolo reciproco, nel senso che i loro moduli (distanze tra nodi) hanno dimensione di [lunghezza]-1, per esempio Àngstroms reciproci, Å-1, o picometri reciproci, pm-1.  

Vediamo come si procede alla costruzione di un reticolo reciproco monoclino (Figura). La cella reale monoclina è indicata con OADC, con OA e OC nella direzione degli assi cristallografici x e z rispettivamente.  La famiglia di piani paralleli equidistanti di cui due membri sono rappresentati dalle tracce OC e AD ha indici di Miller (100). Il corrispondente nodo reciproco 100, indicato con un quadratino, giace sulla normale al set di piani precedenti. In modo analogo si può ragionare per la famiglia (001).

 

 

L’area compresa tra i nodi reciproci 000, 100, 101 e 001 rappresenta una faccia della cella reciproca. Per un monoclino le direzioni di b e b* coincidono.

La descrizione formale qui presentata (senza dimostrazioni) del reticolo reciproco può risultare troppo astratta. Vediamo però ora come collegare il reticolo reciproco alla diffrazione.  

 

Diffrazione e reticolo reciproco

 

L’uso della diffrazione di raggi X per lo studio della struttura dei solidi cristallini fu proposta per la prima volta da von Laue nel 1912, e quindi sviluppata dai Bragg.

Se la materia è organizzata in condizioni di regolarità estrema, vale a dire in un cristallo perfetto, lo spettro della radiazione diffratta  è costituito da un insieme di raggi discreti, ciascuno prodotto in una particolare direzione rispetto sia ai raggi X incidenti sia al cristallo. La legge che governa la geometria di questi fenomeni può essere espressa nella forma delle equazioni di Laue o dell’equazione di Bragg, e poichè storicamente queste equazioni  hanno costituito la fondazione di questo settore scientifico, esse hanno ancora un predominante rilievo quando si inizia ad affrontare la materia. 

 

Legge di Bragg.  Nel 1913 Bragg diede una semplice spiegazione della diffrazione di raggi X da parte di un cristallo. Egli assunse i raggi X incidenti fossero riflessi specularmente (cioè l’angolo di incidenza fosse uguale all’angolo di riflessione) da parte di piani paralleli di atomi (Figura).


Inoltre, ogni piano di atomi deve riflettere solo una piccola frazione della radiazione incidente (fatto consistente con la grande profondità di penetrazione dei raggi X). Quindi, macchie di diffrazione vengono osservate quando i raggi provenienti da piani adiacenti si sommano costruttivamente. La geometria del fenomeno (Figura) richiede che la differenza di cammino tra raggi riflessi specularmente da due piani sia 2dsin q. Quando questa differenza è un numero intero di lunghezze d’onda si osserva interferenza costruttiva. Questa è la legge di Bragg  

 

2d sin θ = nλ

 

con d che rappresenta la distanza tra i piani in esame ed n l’ordine della riflessione. Poiché sin q ≤ 1 ne segue che  l ≤ 2d, e quindi è fissato  il valore massimo che può avere la lunghezza d’onda della radiazione X utilizzabile. E’ ovvio quindi che radiazioni del tipo UV-visibile non possono essere utilizzate in questo contesto.

L’angolo di Bragg può essere determinato sperimentalmente come la metà dell’angolo tra la direzione incidente e quella riflessa, Figura (b). Dall’equazione di Bragg si ha che per n = 2 misureremo un valore maggiore di q che per n = 1. L’angolo corrispondente a n = 2 si riferisce ad altri piani cristallografici.

Possiamo riscrivere la legge di Bragg come  

 

2d' sin θ = λ

dove d’ = d/n è la spaziatura tra famiglie di piani cristallografici.   

Assenze sistematiche di riflessi si possono osservare nel caso di reticoli centrati (vedi Figura).

 Nel passare da una cella primitiva (A) ad una centrata (B) la diffrazione cambia: il set di piani P nel caso A produce onde riflesse che differiscono per cammino ottico di esattamente una lunghezza d’onda, mentre in B esiste una famiglia di piani Q (linee tratteggiate) in una posizione intermedia tra i piani P. Poiché i piani P e Q contengono gli stessi atomi ed hanno uguale densità, avranno lo stesso potere di diffrazione.   

Quindi le onde riflesse dai piani Q saranno fuori fase con quelle riflesse dai piani P, dando interferenza distruttiva.

 

Formulazione di Laue.  L’approccio di Bragg sulla “riflessione speculare” dei raggi X  da parte di piani cristallografici (come fossero specchi argentati) è un assunto ad hoc. Il punto di vista di von Laue è molto più soddisfacente per questo aspetto.

L’assunto di von Laue consiste nel ritenere che ciascuno dei siti atomici del reticolo di Bravais possa irradiare la radiazione incidente, con la stessa frequenza, in tutte le direzioni (ignorando gli effetti di polarizzazione). Quindi, dovunque nello spazio le radiazioni emesse interferiscono costruttivamente si osserva un picco netto di diffrazione.

Consideriamo due centri diffusori (Figura) separati da un un vettore d. Se  un’onda piana investe i due centri vengono generate onde sferiche secondarie che danno interferenza tra loro. 

 

 

Indichiamo con k e k’, rispettivamente, i vettori d’onda della radiazione X incidente e diffratta, nelle direzioni dei versori e ed e’, (e  k/│k│, etc.).  Quindi sarà k = 2πe/λ e analogamente k’ = 2πe/λ. 

La differenza di cammino è d sin θ + d sin θ’ =  d . (e - e') 

Si osserva sperimentalmente diffrazione quando k’ è tale da dare interferenza costruttiva, cioè

    d . (e - e') = nλ   o    d . (k - k') = 2πn   

dove n è ogni intero.

Invece di considerare solo due centri diffusori prendiamo in esame una intera struttura di centri diffusori (ciascuno corrispondente all’intero contenuto di cella) disposti in un reticolo di Bravais, descritto dal vettore

 

tm = m1a + m2b + m3c

 

Le condizioni su k’ per avere interferenza costruttiva sono (dalle equazioni precedenti)

tm . (k - k’) = tm . K = 2πn

Questa è la simbologia usata dai fisici dello stato solido, che descrivono la propagazione di onde con il vettore d’onda k di modulo 2π/λ. Un’onda piana eik.t che si propaga in un reticolo di Bravais (definito dai vettori Ttm) non avrà in genere la stessa periodicità del reticolo e potrà avere valori arbitrari del vettore k (spazio k). Solo per certi valori del vettore d’onda (indichiamoli con K) vi potrà essere una coincidenza di periodicità. L’insieme di tutti i vettori d’onda K che generano onde piane con la stessa periodicità del reticolo costituisce il reticolo reciproco. La condizione di periodicità è infatti

 

eiK.(t + T) = eiK.t

che comporta 

eiK.T = 1   da cui    T . Ktm . K = 2πn  

Per i cristallografi è, d’altra parte, consuetudine utilizzare il vettore di scattering, S, inteso come differenza tra vettore uscente s e vettore incidente s0, S = (s - s0), essendo i moduli di questi assunti pari a 1/λ  (s0 = e/λ e s = e’/λ) (Figura).


 La Figura seguente enfatizza il fatto che i vettori incidente e uscente sono in relazione col vettore S come le onde incidenti e riflesse da un piano lo sono con la normale al piano (come nell’approccio di Bragg).


Il vettore S ha lo stesso ruolo del vettore K = k - k’,  ed essendo K = 2πS, la relazione precedente  tm . K = 2πn  diventa

tm .  S = n

 cioè

 m1a . S + m2b . S + m3c . S = n

Questa equazione può essere soddisfatta per tutti i valori di n (interi positivi, negativi e zero) solo se a . S, b . S, c . S sono individualmente interi, e ciò porta alle equazioni di Laue

 

a . S = h      b . S = k    c . S = l

 

Le tre equazioni rappresentano famiglie di piani equidistanti nello spazio reciproco, perpendicolari ad a, b e c, rispettivamente, le cui intersezioni producono i nodi del reticolo reciproco. Esse sono quindi equivalenti all’unica equazione dei nodi

 

Shkl = ha* + kb* + lc*

 

Il vettore S descrive il reticolo reciproco, così come il vettore K.

Va notato che, usando la notazione dei fisici, i vettori elementari reciproci hanno una definizione diversa (per via della costante 2π) rispetto a quella cristallografica vista prima, cioè 

a* = 2π (b x c)/V        b* = 2π (a x c)/V            c* = 2π (a x b)/V

In conclusione, la formulazione di Laue delle condizioni per la diffrazione può essere espressa in una semplice forma geometrica.

 

Si realizza interferenza costruttiva ogni volta che la variazione del vettore d’onda tra radiazione incidente e diffratta coincide con un vettore del reticolo reciproco, cioè ogni volta che k - k’ = K.

 

Ciò è bene illustrato dalla costruzione di Ewald (Figura), che rappresenta in generale le condizioni di diffrazione. Quando la superficie della sfera di Ewald tocca un punto del reticolo reciproco tali condizioni si realizzano.  

 


 

In Figura il vettore K è indicato con G. La condizione di diffrazione si può anche esprimere col fatto che la componente di k sul vettore reciproco K è pari a metà della lunghezza di K (riprenderemo questa considerazione più avanti, nell’ambito discussione della struttura elettronica dei solidi).

I pattern di diffrazione con immagine indistorta (come nel metodo di Buerger a Precessione) danno una fotografia genuina del reticolo reciproco (Figura). Lo spazio reciproco non è una costruzione di fantasia o una cosa irreale.