Il reticolo reciproco
Il
concetto di reticolo
reciproco (e quello di spazio
reciproco) è molto pervasivo nelle scienze dello stato
solido, e gioca un ruolo fondamentale nella maggior parte degli studi
analitici delle strutture periodiche.
Ci sono diversi approcci al reticolo
reciproco. Cominciamo con un approccio assiomatico,
una costruzione geometrica astratta, basata sull’algebra vettoriale.
Siano a, b, c i vettori elementari di un reticolo cristallino che chiameremo diretto o reale. Un secondo reticolo, definito dai vettori elementari a*, b*, c*, e detto reciproco del primo se soddisfa le seguenti condizioni: a*.b = a*.c
= b*.a
= b*.c
= c*.a
= c*.b
= 0
a*.a =
b*.b = c*.c
= 1 La
prima serie di condizioni indica che a*
è perpendicolare a b
e c,
b*
è perpendicolare ad a
e c,
c*
ad a e b. La seconda riga fissa in modulo e verso i tre vettori
reciproci fondamentali
a*, b*, c*. Potremo quindi scrivere a*
= cost. (b
x c) ma
essendo a*.a = 1 avremo a*.a
= cost. (b
x c).a = cost. V = 1 Quindi
cost. =1/V (V = volume di cella), e avremo per i tre parametri reciproci a*
= (b x c)/V
b*
= (a
x c)/V
c* = (a
x b)/V In
termini scalari a* = (bc sinα)/V
b* = (ac sinβ)/V
c*
= (ab sinγ)/V Si noti che V* = a* . (b* x c*) = 1/V.
Le
definizioni suggeriscono che i ruoli dei reticoli diretto e reciproco
sono intercambiabili, nel senso che il
reciproco del reticolo
reciproco è il reticolo reale.
Si puo facilmente verificare che i reciproci dei reticoli triclini, monoclini, etc. sono anch’essi triclini, monoclini, etc. Ma il reciproco di un reticolo F è un reticolo I e viceversa. Qualsiasi vettore nello spazio reciproco sarà
una combinazione lineare dei vettori di base a*, b* e c*, secondo: r* =
d*hkl = ha*
+ kb* + lc* La
terna di indici di Miller (hkl), che nello spazio diretto
è associata ad una
famiglia di piani paralleli, nello spazio reciproco
indica le componenti del vettore d*hkl
ad essi associato. Questo vettore
è normale
alla famiglia di piani (hkl). Se h, k , l sono interi primi fra loro vale la relazione dhkl* = K / dhkl
dove K è una costante arbitraria, che è
talora conveniente prendere unitaria ma per la diffrazione è meglio
assumere uguale alla l della radiazione usata, e
dhkl è la distanza interplanare della famiglia di piani (hkl).
Vediamo come si procede alla costruzione di un reticolo reciproco monoclino (Figura). La cella reale monoclina è indicata con OADC, con OA e OC nella direzione degli assi cristallografici x e z rispettivamente. La famiglia di piani paralleli equidistanti di cui due membri sono rappresentati dalle tracce OC e AD ha indici di Miller (100). Il corrispondente nodo reciproco 100, indicato con un quadratino, giace sulla normale al set di piani precedenti. In modo analogo si può ragionare per la famiglia (001).
L’area compresa tra i nodi reciproci
000, 100, 101 e 001 rappresenta una faccia della cella reciproca.
Per un
monoclino le direzioni di b e b* coincidono. La
descrizione formale qui presentata (senza dimostrazioni) del reticolo
reciproco può risultare troppo astratta. Vediamo però ora come
collegare il reticolo reciproco alla diffrazione.
Diffrazione e reticolo reciproco
L’uso
della diffrazione di raggi X per lo studio della struttura dei solidi
cristallini fu proposta per la prima volta da von Laue nel 1912, e
quindi sviluppata dai Bragg. Se la materia è organizzata in condizioni di regolarità estrema, vale a dire in un cristallo perfetto, lo spettro della radiazione diffratta è costituito da un insieme di raggi discreti, ciascuno prodotto in una particolare direzione rispetto sia ai raggi X incidenti sia al cristallo. La legge che governa la geometria di questi fenomeni può essere espressa nella forma delle equazioni di Laue o dell’equazione di Bragg, e poichè storicamente queste equazioni hanno costituito la fondazione di questo settore scientifico, esse hanno ancora un predominante rilievo quando si inizia ad affrontare la materia.
Legge di Bragg. Nel 1913 Bragg diede una semplice spiegazione
della diffrazione di raggi X da parte di un cristallo. Egli assunse i
raggi X incidenti fossero riflessi specularmente (cioè l’angolo di
incidenza fosse uguale all’angolo di riflessione) da parte di piani paralleli di atomi (Figura).
Inoltre,
ogni piano di atomi deve riflettere solo una piccola frazione della
radiazione incidente (fatto consistente con la grande profondità di
penetrazione dei raggi X). Quindi, macchie di diffrazione vengono
osservate quando i raggi provenienti da piani adiacenti si sommano
costruttivamente. La geometria del fenomeno (Figura) richiede che la
differenza di cammino tra raggi riflessi specularmente da due piani sia
2dsin q. Quando questa differenza è un numero intero di lunghezze d’onda si
osserva interferenza costruttiva. Questa è la legge di Bragg
con
d che rappresenta la distanza tra i piani in esame ed n l’ordine della
riflessione. Poiché sin q
≤ 1 ne segue che l ≤ 2d, e quindi è fissato
il valore massimo che può avere la lunghezza d’onda della
radiazione X utilizzabile. E’ ovvio quindi che radiazioni del tipo
UV-visibile non possono essere utilizzate in questo contesto. L’angolo
di Bragg può essere determinato sperimentalmente come la metà
dell’angolo tra la direzione incidente e quella riflessa, Figura (b).
Dall’equazione di Bragg si ha che per n = 2 misureremo un valore
maggiore di q
che per n = 1. L’angolo corrispondente a n = 2 si riferisce ad altri
piani cristallografici. Possiamo
riscrivere la legge di Bragg come
dove
d’ = d/n è la spaziatura tra famiglie di piani cristallografici.
Assenze sistematiche di riflessi si possono osservare nel caso di reticoli centrati (vedi Figura).
Quindi le onde riflesse dai piani Q saranno fuori fase con quelle riflesse dai piani P, dando interferenza distruttiva.
Formulazione
di Laue. L’approccio di Bragg sulla “riflessione
speculare” dei raggi X da
parte di piani cristallografici (come fossero specchi argentati) è un
assunto ad hoc. Il punto di
vista di von Laue è molto più soddisfacente per questo aspetto. L’assunto
di von Laue consiste nel
ritenere che ciascuno dei siti atomici del reticolo di Bravais possa irradiare
la radiazione incidente, con la stessa frequenza, in tutte le direzioni
(ignorando gli effetti di polarizzazione). Quindi, dovunque nello spazio
le radiazioni emesse interferiscono costruttivamente si osserva un picco
netto di diffrazione. Consideriamo due centri diffusori (Figura) separati da un un vettore d. Se un’onda piana investe i due centri vengono generate onde sferiche secondarie che danno interferenza tra loro.
Indichiamo con k e k’, rispettivamente, i vettori d’onda della radiazione X incidente e diffratta, nelle direzioni dei versori e ed e’, (e ≡ k/│k│, etc.). Quindi sarà k = 2πe/λ e analogamente k’ = 2πe/λ.
La differenza di cammino è d
sin θ + d sin θ’ =
d . (e
- e') Si osserva
sperimentalmente diffrazione quando k’
è tale da dare interferenza costruttiva, cioè d . (e
- e') = nλ o
d . (k
- k') = 2πn
dove n è ogni
intero. Invece
di considerare solo due centri diffusori prendiamo in esame una intera
struttura di centri diffusori (ciascuno corrispondente all’intero
contenuto di cella) disposti in un reticolo di Bravais, descritto dal
vettore tm
= m1a
+ m2b + m3c Le
condizioni su k’ per avere
interferenza costruttiva sono (dalle equazioni precedenti) tm
. (k - k’)
= tm .
K = 2πn Questa è la simbologia usata dai fisici dello stato solido, che descrivono la propagazione di onde con il vettore d’onda k di modulo 2π/λ. Un’onda piana eik.t che si propaga in un reticolo di Bravais (definito dai vettori T ≡ tm) non avrà in genere la stessa periodicità del reticolo e potrà avere valori arbitrari del vettore k (spazio k). Solo per certi valori del vettore d’onda (indichiamoli con K) vi potrà essere una coincidenza di periodicità. L’insieme di tutti i vettori d’onda K che generano onde piane con la stessa periodicità del reticolo costituisce il reticolo reciproco. La condizione di periodicità è infatti eiK.(t
+ T) = eiK.t che
comporta eiK.T
= 1 da cui T . K
≡ tm . K = 2πn
Per i cristallografi è, d’altra parte, consuetudine utilizzare il vettore di scattering, S, inteso come differenza tra vettore uscente s e vettore incidente s0, S = (s - s0), essendo i moduli di questi assunti pari a 1/λ (s0 = e/λ e s = e’/λ) (Figura).
Il vettore S ha lo stesso ruolo del vettore K = k - k’, ed essendo K = 2πS, la relazione precedente tm . K = 2πn diventa tm
. S = n cioè
m1a
. S + m2b
. S + m3c
. S = n Questa
equazione può essere soddisfatta per tutti i valori di n (interi
positivi, negativi e zero) solo se a
. S, b
. S, c . S sono individualmente interi, e ciò porta alle equazioni
di Laue a . S = h b . S = k
c
. S = l Le
tre equazioni rappresentano famiglie di piani equidistanti nello spazio
reciproco, perpendicolari ad a,
b
e c,
rispettivamente, le cui intersezioni producono i nodi del reticolo
reciproco. Esse sono quindi equivalenti all’unica equazione dei nodi Shkl
= ha* + kb*
+ lc* Il
vettore S descrive il reticolo
reciproco, così come il vettore K.
Va
notato che, usando la notazione dei fisici, i vettori elementari reciproci
hanno una definizione diversa (per via della costante 2π) rispetto a
quella cristallografica vista
prima, cioè a*
= 2π (b x c)/V
b*
= 2π (a x c)/V
c*
= 2π (a x b)/V In conclusione, la formulazione di Laue delle condizioni per la diffrazione può essere espressa in una semplice forma geometrica.
Ciò
è bene illustrato dalla costruzione
di Ewald (Figura), che rappresenta in generale le condizioni di
diffrazione. Quando la superficie della sfera di Ewald tocca un punto del
reticolo reciproco tali condizioni si realizzano.
In Figura il vettore K è indicato con G. La condizione di diffrazione si può anche esprimere col fatto che la componente di k sul vettore reciproco K è pari a metà della lunghezza di K (riprenderemo questa considerazione più avanti, nell’ambito discussione della struttura elettronica dei solidi). I pattern di diffrazione con immagine indistorta (come nel metodo di Buerger a Precessione) danno una fotografia genuina del reticolo reciproco (Figura). Lo spazio reciproco non è una costruzione di fantasia o una cosa irreale.
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