Struttura elettronica e proprietà del grafene

 

Gli studi teorici del grafene risalenti a più di sessant’anni fa (i primi lavori risalgono al 1947; Wallace, P. R., 1947, Phys. Rev. 71, 622) hanno dimostrato che il grafene, per via della particolare geometria del sistema e della configurazione elettronica del carbonio, possiede una struttura elettronica a bande del tutto peculiare, con caratteristiche meccaniche, oltre che elettroniche, eccezionali. La flessibilità strutturale del grafene è connessa alle sue proprietà elettroniche: l'ibridizzazione sp2 porta ad una struttura trigonale planare con legami s e separazione C-C di 1.42 Å.  La banda s è una banda profonda di valenza a guscio pieno ed è responsabile della robustezza del reticolo. L'orbitale p perpendicolare al piano grafenico, contenente un solo elettrone, forma legami covalenti p, e genera una banda p semipiena.    

In Figura è mostrato il reticolo hcb del grafene (a sinistra), formato da due sottoreticoli triangolari interpenetrati, con parametri della cella reale a1 e a2, e (a destra) il reticolo reciproco, con parametri di celle b1 e b2, e la prima zona di Brillouin. 

La fisica del grafene, un semi-metallo, è determinata dalla natura dello spettro di energia in prossimità del massimo della banda di valenza e del minimo della banda di conduzione, i cosiddetti “punti di carica neutra” che corrispondono ai sei vertici dell’esagono della zona di Brillouin (Punti K e K'). In questi punti le bande (di valenza e di conduzione) sono a contatto: il grafene è infatti l’unico materiale semiconduttore con energy gap nullo. Generalmente, si studiano le proprietà del sistema in questi due punti della zona di Brillouin, detti anche “punti di Dirac”, poiché gli altri quattro vertici sono equivalenti a questa coppia e sono collegati a questi ultimi da vettori del reticolo reciproco (si veda la dettagliata review: Castro Neto et al.: The electronic properties of graphene. Rev. Mod. Phys., 81, 2009, 109). 

In prossimità dei punti di carica neutra, le bande assumono una tipica forma conica, e la legge di dispersione E(k) mostra un andamento lineare con il vettore d’onda k (Figura, la DOS è uguale a zero al livello di Fermi, linea blu). La relazione in prossimità dei sei angoli della zona di Brillouin del grafene è 

 E = (h/2pFk

(con k = momento della quasiparticella, h = costante di Planck e νF = velocità di Fermi, pari a vF ≈ 106m/s). Allontanandosi dai punti di carica neutra la legge di dispersione non ha più un andamento lineare.

Il valore dell'energia contrasta con quella degli elettroni di metalli e semiconduttori, dove E = p2/2m*, dove m* è la massa effettiva dell'elettrone; la contraddizione si spiega col fatto che vicino ai punti K, a bassa energia, i portatori di carica obbediscono all’equazione di Dirac in due dimensioni (invece che all'equazione di Schrödinger), mimando così il comportamento delle particelle relativistiche. Questi portatori di carica (quasi-particelle o particelle di Dirac, derivanti dall'interazione degli elettroni pz col potenziale periodico del reticolo 2D) vanno pertanto riguardati come elettroni che hanno perso la loro massa a riposo m0 o, equivalentemente, come neutrini che hanno acquistato la carica elettronica, e vengono perciò detti “fermioni di Dirac privi di massa”. Il grafene costituisce dunque un ponte tra elettrodinamica quantistica (quantum electrodynamics, QED)  e fisica dello stato solido (si noti che c/vF ca. = 300). La particolare struttura a bande del grafene fa sì che su di esso siano riscontrabili sperimentalmente effetti elettrici ed ottici di particolare rilievo.

E' utile confrontare la struttura a bande di grafene, silicene e germanene (le due ultime specie nella loro configurazione corrugata), vedi Figura.     

Le tre specie presentano caratteristiche simili nelle loro strutture a bande elettroniche; le bande si incrociano al livello di Fermi in corrispondenza dei punti K di Dirac del reticolo reciproco.  La dispersione lineare in prossimità dei punti di Dirac deriva chiaramente dalla struttura honeycomb. E' interessante notare che questa proprietà viene preservata anche se l'ibridizzazione degli atomi cambia  (C è ibridizzato sp2, mentre gli atomi isoelettronici Si e Ge mostrano preferenza per una ibridizzazione tipo sp3). Questo aspetto, di particolare interesse dal punto di vista chimico sia sul piano teorico che applicativo, è oggetto di numerose indagini con risultati talora contrastanti riportati nella letteratura di questi anni. Il problema è che il silicene (e il germanene) monostrato "freestanding" non è stato ancora isolato mentre si conoscono numerosi sistemi di silicene "epitassiale" su vari substrati che ne influenzano però le proprietà. 

In Figura sono mostrate le forme di ibridizzazione degli atomi di Si nei diversi tipi strutturali.

 

In uno strato 2D di atomi di silicio, il legame si forma con una ibridizzazione intermedia sp2 - sp3, cioè una ibridizzazione frazionaria del tipo sp* (ad esempio per il fullerene è stata calcolata una ibridizzazione del carbonio sp2.275). Ne deriva che il silicene deve essere moderatamente corrugato, invece che perfettamente planare; si tratta di un reticolo hcb distorto verticalmente.  I parametri calcolati per un monostrato freestanding di silicene (non ancora isolato) sono:  distanze Si-Si nel range di 0.22-0.24 nm, angoli al Si di 116.5°, altezza dello stato corrugato 0.044 nm. Però Le altezze delle increspature nel silicene e germanene sono, rispettivamente, solo il 54.6% e 77.7% dell'altezza standard corrispondente alla ibridizzazione ideale sp3. I piani corrugati hanno energie inferiori rispetto agli strati prettamente planari di 0.036 eV e 0.285 eV per silicene e germanene, rispettivamente, esattamente proporzionali alle entità delle corrugazioni. Si veda: A comparative first-principles study of orbital hybridization in two-dimensional C, Si, and Ge, S. Wang, Phys. Chem. Chem. Phys., 2011, 13, 11929. Una specie di quasi- freestanding silicene è stata studiata con metodi ab initio su un substrato di Ar(111) solido (S Sattar, R Hoffmann and U Schwingenschlögl, New Journal of Physics, 16, 2014, 065001).

 

Proprietà e Applicazioni

Il grafene è estremamente resistente e rigido (100 volte più dell’acciaio), trasparente e flessibile. Inoltre presenta, a temperatura ambiente, una conducibilità elettrica superiore a qualunque altra sostanza. In particolare abbiamo visto come la forma conica delle bande di energia del grafene renda i portatori di carica in questo cristallo come particelle di massa efficace nulla, liberi di muoversi nel reticolo senza subire interazioni significative con gli atomi. Queste caratteristiche rendono teoricamente il grafene uno dei materiali con la mobilità elettronica più alta esistente in natura. 

A livello sperimentale il grafene peraltro si discosta di tanto da questi limiti teorici, poiché il materiale analizzato in laboratorio presenta spesso difetti reticolari, anche in numero significativo, e tipicamente i processi necessari alla sua sintesi lasciano diverse contaminazioni chimiche sulla sua superficie, tutti fattori che rendono il materiale prodotto con processi differenti significativamente diverso dal punto di vista delle proprietà chimiche o fisiche. Nonostante questo, esistono ormai numerosissimi risultati sperimentali che hanno permesso di verificare molte delle aspettative teoriche. Uno Schema riassuntivo delle proprietà del grafene e confronto con altri materiali è mostrato di seguito.

 

Proprietà Meccaniche.  Per quanto riguarda le proprietà meccaniche, un foglio di grafene si comporta come un foglio di carta: quando proviamo a tirarlo lungo il piano questo offre una notevole resistenza, ma basta una leggera folata di vento per alzarlo e farlo piegare su se stesso. Il grafene infatti non è solo molto robusto, ma è anche estremamente leggero, con una densità di soli 0.77 mg/m2 (si pensi che 1 m2 di normale carta pesa circa 1000 volte tanto) e la struttura stessa del reticolo ne facilita la flessione. Un singolo strato di grafene, grande abbastanza da coprire un campo da calcio, peserebbe meno di 1 g. L’articolo che annunciava il premio Nobel per il grafene parlava della grande robustezza del materiale, dicendo che un’ipotetica amaca da 1 m2 sarebbe in grado di sostenere un gatto da 4 kg, pesando però solo come un suo singolo baffo (Class for Physics of the Royal Swedish Academy of Sciences Scientific Background on the Nobel Prize in Physics 2010: GRAPHENE, Royal Swedish Academy of Sciences, Stockholm, 2010).

Il grafene è dunque un materiale molto resistente. Solitamente questa proprietà si quantifica a partire dalla capacità di resistere agli sforzi meccanici: attraverso il modulo di Young o modulo di elasticità longitudinale, definito come il rapporto tra sforzo e deformazione, un valore misurabile sperimentalmente che ci da un’idea sulla robustezza e deformabilità di un materiale, e ci dice quanto un materiale sia in grado di deformarsi prima della rottura. Nel 2008 questa grandezza è stata misurata per un campione di grafene ottenuto tramite esfoliazione meccanica, con un valore intorno ad 1TPa. Uno studio più recente del 2012, in cui si effettua la misura in modo differente, sfruttando la spettroscopia Raman, riporta un valore del modulo di Young di 2.4±0.4 TPa per uno strato singolo di grafene e di 2.0±0.5 TPa per uno strato doppio. Confrontiamo questi dati del grafene con i dati relativi ai materiali più robusti comunemente utilizzati per la loro resistenza: l’acciao Inox 430, comunemente usato in metalmeccanica, ha un modulo di Young di 0.2 TPa, il titanio di 0.196 TPa, il nickel di 0.214 TPa, il tungsteno di 0.4 TPa. È evidente come il grafene sia estremamente più resistente di questi materiali. 

Proprietà elettriche ed elettroniche.  Fin dai primi esperimenti del 2004 il grafene è stato isolato sotto forma di foglietti supportati su substrati di silicio ricoperti di ossido di silicio. Da subito risulta che la presenza del substrato di ossido di silicio, spesso inevitabilmente ricoperto di un sottile velo di contaminanti (acqua, idrocarburi dall’atmosfera, ecc...) che interagiscono con gli atomi di carbonio del reticolo del grafene, può modificarne le proprietà anche in modo significativo. È in questa configurazione sperimentale che il grafene è comunque stato caratterizzato per le sue proprietà di trasporto elettronico, dimostrando una conduzione ambipolare, ovvero ad opera, indifferentemente, di elettroni e lacune, con una mobilità elettronica fino a 40000 cm2/Vs indipendentemente dalla temperatura a cui viene effettuata la misura.

Per comprendere le eccellenti proprietà di conduzione del grafene, questo valore di mobilità dei portatori di carica deve essere confrontato, ad esempio, con il valore del silicio utilizzato nei comuni dispositivi elettronici, il quale difficilmente supera i 1000 cm2/Vs. Rispetto al silicio, nel grafene la mobilità dei portatori è praticamente indipendente dalla concentrazione degli stessi e dal livello di drogaggio, caratteristiche essenziali nella realizzazione di sistemi capaci di grande velocità di commutazione, di sostenere correnti elevate o che necessitano di dissipare alte potenze. Esperimenti successivi hanno poi dimostrato che l’assenza di un substrato, nel caso di cristalli di grafene sospesi tra due elettrodi, permette di ottenere, a temperatura ambiente, valori di mobilità vicini al limite teorico di 200000 cm2/Vs, superiore a quello di 100000 cm2/Vs previsto per i nanotubi di carbonio.

Trasporto balistico ambipolare. L’effetto ambipolare consiste nell’inversione del segno dei portatori in funzione del segno della tensione applicata. Tale fenomeno è stato osservato e misurato per la prima volta dal gruppo di Manchester (Geim, Novoselov e collaboratori) su di un fiocco di grafene inserito in un dispositivo a più terminali di tipo Hall ed ha fornito valori di mobilità dei portatori eccezionalmente alti, compresi fra 3000 e 10000 cm2/Vs, valori migliorabili fino a 105 cm2/Vs se si riesce a limitare la concentrazione di impurezze. A differenza dei semiconduttori tradizionali, questi valori di mobilità non diminuiscono ad alte concentrazioni di portatori di carica ( > 1012 cm-2), conducendo ad un trasporto di tipo balistico, detto così perché i portatori si muovono nel reticolo senza subire scattering su distanze sub-micrometriche (fino a ~0.3 mm a 300 K).

Minima conducibilità metallica. Quando il livello di Fermi è posizionato precisamente al punto di Dirac, si ha la totale assenza di portatori di carica; ciò dovrebbe produrre un valore di conducibilità nullo. In realtà, quando si riproduce sperimentalmente questa situazione, si osserva un valore di conducibilità pari a 4 e2/h e tale valore non varia con la temperatura. Questo evento è stato predetto teoricamente e va sotto il nome di “minima conducibilità metallica”; esiste comunque una sovrastima del valore misurato sperimentalmente rispetto a quello teorico di un fattore π, nota in letteratura scientifica come “the mystery of a missing pie”.

Effetto Hall quantistico. In elettromagnetismo l’effetto Hall è la formazione di una differenza di potenziale, detto potenziale di Hall, sulle facce opposte di un conduttore elettrico dovuta a un campo magnetico perpendicolare alla corrente elettrica che scorre in esso. L'effetto prende il nome dal fisico statunitense Edwin Hall che per primo lo scoprì nel 1879.

Si genera una debole tensione nella direzione ortogonale sia al campo magnetico sia alla corrente per effetto della combinazione del moto degli elettroni che si muovono nel conduttore e della forza di Lorentz, che tende a far muovere gli stessi elettroni su traiettorie circolari attorno alla direzione del campo magnetico.

L'effetto Hall quantistico (QHE), la cui scoperta è stata premiata con il Nobel per la fisica nel 1985 (Klaus von Klitzing), è l'analogo quantistico dell'effetto classico ed emerge in presenza di un moto di elettroni virtualmente bidimensionale (per esempio, quando lo strato di materiale conduttore è molto sottile), con un campo magnetico estremamente intenso e a temperature vicine allo zero assoluto. In realtà la quantizzazione intera (IQHE) della conduttanza di Hall era già stata predetta teoricamente da Ando, Matsumoto ed Uemura nel 1975 con calcoli approssimati [Theory of Hall effect in a twodimensional electron system,  J. Phys. Soc. Japan 39, 280 (1975)].

L’IQHE si manifesta a basse temperature quando l’ordine di grandezza dell’energia termica kBT è in modo significativo minore della separazione dei livelli di Landau (h/2p)ωe. Consiste nella quantizzazione della resistenza di Hall RH che non risulta più dipendente in modo lineare dall’intensità del campo magnetico perpendicolare al sistema (come nel caso classico) ma mostra dei plateau rilevanti in corrispondenza di particolari valori del campo stesso.

Inoltre von Klitzing ha sottolineato che, in corrispondenza di tali plateau, la resistenza di Hall è determinata soltanto in termini di costanti universali:

RH = (h/e2)(1/n)

dove n è un numero intero.

Tre anni dopo la scoperta dell’IQHE, un altro inaspettato effetto è stato osservato in un sistema di elettroni 2-dimensionale: l’effetto Hall quantistico frazionario. Tale effetto prende il nome dal fatto che, contrariamente all’IQHE, dove il numero n nell’equazione precedente è un intero, fu scoperta nel 1982 una quantizzazione della resistenza di Hall con n = 1/3 [D.C. Tsui, H. Störmer, A.C. Gossard, Phys. Rev. Lett. 48, 1559 (1983)]. Come per l’IQHE la resistenza di Hall manifesta una serie di plateau ma le origini dei due effetti sono completamente differenti: mentre il primo può essere compreso attraverso l’analisi dei livelli di Landau, il FQHE è dovuto alle forte correlazione tra gli elettroni per cui l’interazione di Coulomb diventa rilevante. 

Inoltre nel 1983 Laughlin mostrò che l’origine del FQHE con n = 1/3, come per ogni n = 1/q, dove q è un numero intero dispari, è dovuta alla formazione di un liquido incomprimibile di elettroni correlati (correlated incompressible electron liquid) con proprietà  estremamente esotiche [R. Laughlin, Phys. Rev. Lett. 50, 1395 (1983)]. 

Tsui, Störmer, per la scoperta, e Laughlin, per la teorizzazione del FQHE, sono stati insigniti del premio Nobel nel 1998.

Il grafene è l'unico materiale conosciuto che esibisca tale effetto a temperatura ambiente. Inoltre, la condizione di quantizzazione osservata, in questo caso, è descritta da valori semi-interi (Figura).

In Figura (a sinistra) - Effetto ambipolare: il coefficiente di Hall RH, a tensione di gate nulla, esibisce una brusca inversione del suo segno, fenomeno che indica una transizione tra elettroni e lacune. A destra: valori quantizzati delle conducibilità trasversale sxy e della resistività longitudinale rxx del grafene in funzione della concentrazione dei portatori in B = 14 T ed a T = 4 °K. Nel riquadro in alto a sinistra: sxy nel bistrato di grafene; la sequenza di quantizzazione è normale, ovvero si verifica secondo un numero intero n. Quest'ultimo effetto mostra che il QHE semi-intero (una quantizzazione diversa dal caso FQHE) è esclusivo del monostrato.

Energy gap modulabile. Quando il grafene viene sagomato in forma di nastro sottile (ribbon) si ottiene il confinamento dei portatori in un sistema quasi-unidimensionale, il che determina l'apertura dell’energy gap. I risultati sperimentali indicano che il gap di energia scala in modo inversamente proporzionale alla larghezza W del gibbo (gobba, collina); pertanto la dimensione dell’energy gap può essere modulata attraverso una scelta appropriata del parametro W.  

Proprietà termiche. Comunemente nei materiali la buona conduzione elettrica si associa, come nel caso dei metalli, ad una buona conduzione termica. Solitamente infatti i portatori di carica sono anche responsabili di mediare e trasportare le vibrazioni collettive del reticolo cristallino, legate alle variazioni di temperatura e quindi all’eccitazione termica, da un capo all’altro del materiale. Abbiamo visto le eccellenti proprietà di conduzione elettrica del grafene, e numerosi dati sperimentali hanno confermato anche l’eccellente conduzione termica di questo materiale. La conducibilità termica a temperatura ambiente del grafene è stata misurata essere tra 4.84 ± 0.44 e 5.30 ± 0.48 x103 W/mK, valori più grandi rispetto a quelli misurati per i nanotubi di carbonio (3.5 x 103) W/mK o il rame (0.401 x103) W/mK. 

Rispetto a questi materiali, tutti dal comportamenti metallico ed anche ottimi conduttori elettrici, dobbiamo però specificare che il grafene presenta alcune similitudini con il comportamento dei semiconduttori, nei quali, ad alta temperatura, il trasferimento del calore non viene più mediato principalmente dai portatori di carica, ma dalle stesse vibrazioni collettive del reticolo cristallino. Tra i migliori conduttori termici, ma pessimi conduttori elettrici, troviamo ad esempio il diamante, con una conducibilità termica comunementre tra i 900 e i 2320W/mK, comunque inferiore a quella del grafene.

Trasparenza e saturazione ottica del grafene. Pur possedendo lo spessore di un solo atomo, il grafene è in grado di assorbire una frazione significativa di luce bianca incidente, pari a πα = 2.3%, e risulta pertanto visibile anche ad una semplice osservazione al microscopio ottico (vedi Figura). 

Qui α = e2/ħc ≈ 1/137 è la costante di struttura fine, il parametro che descrive l’accoppiamento tra luce e particelle relativistiche, tradizionalmente associato all'elettrodinamica quantistica. Il coefficiente di trasmissione ottica del grafene è di conseguenza pari a circa il 98% della luce incidente, e si mantiene quasi piatto in tutto lo spettro visibile. 

L'assorbimento ottico del grafene satura quando l'intensità in ingresso è superiore ad un valore di soglia. Questo comportamento, chiamato assorbimento ottico saturabile non-lineare, è un’altra conseguenza del bandgap nullo.

Proprietà Optoelettroniche. Quando si pensa ai materiali in carbonio si immaginano solitamente solidi completamente neri ed opachi, come la grafite o il carbone, ma il carbonio si presenta in natura anche in solidi trasparenti o quasi, come il diamante. Anche il grafene è un solido trasparente: un singolo foglio di grafene assorbe soltanto il 2.3% dello spettro luminoso. Non solo, questo ridotto assorbimento è indipendente dalla frequenza della radiazione, il che significa che il grafene non assorbe di preferenza particolari intervalli di radiazione, ma si lascia attraversare da tutte indistintamente. Questa proprietà, unita alla straordinaria proprietà di trasporto elettrico, rendono il grafene potenzialmente molto interessante per applicazione optoelettroniche, ed in particolare come elettrodo trasparente e conduttivo.

Confrontiamo il grafene con un altro materiale trasparente e conduttivo, per capire quali sono i suoi punti di forza e di debolezza. Il materiale più significativo con cui fare un paragone è di certo l’ossido di indio-stagno ITO: Indium Tin Oxide), che è certamente quello più comunemente usato in questo campo. In Figura è possibile vedere un grafico in cui si paragona la trasmittanza (funzione inversa dell’assorbimento) dei materiali trasparenti e conduttivi più comunemente usati.

 

Applicazioni del grafene.  Il grafene  ha suscitato l’entusiasmo dei ricercatori che stanno ora attivamente cercando di esplorarne tutte le potenzialità in diversi settori applicativi.

Una delle prime applicazioni indagate con successo è la preparazione di nano compositi polimerici per i quali si osservano gli straordinari miglioramenti di diverse proprietà come la conducibilità elettrica, la stabilità termica il modulo elastico o la resistenza alla trazione, in seguito all’inserimento nella matrice polimerica di grafene o altre nano strutture basate sul grafene.

L’impiego del grafene in elettronica è molto promettente in virtù dell’elevata mobilità dei portatori di carica e del basso rumore, peculiarità ben sfruttabili nella fabbricazione di transistor a effetto di campo (FET, Field Effect Transistor) ad alte prestazioni. Nel febbraio 2010 è stata annunciata la realizzazione di un FET in grafene fabbricato su un wafer da 2 pollici con una frequenza di taglio pari a 100 GHz; partendo da un bilayer di grafene si è anche realizzato un FET dual-gate con un rapporto on / off di circa 100 a temperatura ambiente e pari a 2000 a 20 K.

Il bandgap nullo fa perdere al grafene un requisito essenziale nel campo dell’elettronica digitale. Un modo per ovviare a questo problema consiste nel ricorrere ai nanoribbon di grafene (GNRs). I GNRs posseggono bandgap di ampiezza sufficiente per le applicazioni in elettronica digitale; l’ampiezza del bandgap è correlata sia alla larghezza del ribbon che alla geometria dei suoi bordi (zigzag o armchair), tuttavia, è difficile ottenere su scala atomica il controllo necessario per fabbricare GNRs di larghezza e direzione precisa. Recentemente, partendo da precursori molecolari, è stata però dimostrata la possibilità di crescere GNRs su substrati metallici con precisione atomica.

Il grafene risulta estremamente interessante in applicazioni dove il funzionamento del dispositivo può essere ottenuto mediante meccanismi di trasporto di carica alternativi a quelli classici.

L’ottima conducibilità elettrica e l’alta trasparenza ottica del grafene ne fanno un candidato ideale per la realizzazione di elettrodi trasparenti e conduttori, con ricadute importanti in optoelettronica ed in ambito fotovoltaico. 

La combinazione delle sue proprietà meccaniche con quelle elettriche ne consente l’impiego nell’elettronica flessibile, pieghevole e stretchable.

La proprietà di assorbimento saturabile ha rilevanza per le possibili applicazioni nel campo dei laser e nella fotonica ultraveloce. La fabbricazione di dispositivi che sfruttano fonti di energia pulita potrebbe trarre vantaggio dalle proprietà del grafene che, in effetti, viene già impiegato come elettrodo per le batterie ricaricabili a ioni di litio e negli ultracondensatori. Numerosi sono gli studi che riguardano l’impiego del grafene per lo stoccaggio d’idrogeno nelle celle a combustibile.

È stata anche valutata la possibilità d’utilizzo del grafene in sostituzione del metallo in giunzioni Schottky. La grafite è stata già utilmente impiegata in questa applicazione in combinazione con una vasta gamma di semiconduttori, tra i quali il Si e il GaAs; la barriera Schottky formata all’interfaccia grafite/semiconduttore è estremamente robusta ed offre molti vantaggi rispetto a quella determinata dai metalli tradizionali. A causa del forte legame esistente tra atomi di carbonio e le dimensioni relativamente modeste di tale atomo, non si verificano fenomeni di migrazione del carbonio nel semiconduttore, preservando in tal modo tutte le proprietà rettificanti della barriera. Inoltre, a differenza del metallo il cui livello di Fermi è fisso, la grafite può essere drogata e ciò consente di modulare l’altezza dell’energia di Fermi e di conseguenza anche quella della barriera Schottky. Infine, non essendo un metallo pesante, la grafite non è tossica. La sostituzione della grafite con il grafene aggiungerebbe a tutti questi vantaggi anche la risoluzione del problema che finora ha limitato l’impiego dei dispositivi Schottky in ambito fotovoltaico, ovvero l’assorbimento della luce incidente da parte dello strato metallico frontale: in questo caso il grafene, con la sua elevata trasparenza, consente alla luce incidente di passare quasi inalterata, aprendo in tal modo la strada all’impiego dei dispositivi Schottky in ambito fotovoltaico (in Figura: Schema di una cella solare Schottky in grafene su silicio).

Si noti che gli elettroni (e-) e le lacune (h+) prodotti dalle radiazioni vengono separati e trasportati verso lo strato di silicio e quello di grafene rispettivamente.

Il rapporto tra superficie e volume eccezionalmente elevato, ha spinto infine la comunità scientifica ad indagare le potenzialità del grafene nel campo della rivelazione dei gas (sensori chimici); in realtà, la capacità di rilevare la presenza anche di una singola molecola interagente è stata già dimostrata [F. Schedin et al., Detection of individual gas molecules adsorbed on graphene, Nat. Mater., 6, 652 (2007)]. Successivamente altri lavori hanno verificato l’elevata sensibilità del grafene a temperatura ambiente ad un’ampia gamma di analiti; tale materiale non è però esente dal problema cronico dei sensori chimici a stato solido che operano a temperatura ambiente, ovvero dal lento desorbimento dell'analita, dalla bassa selettività, e dalla scarsa stabilità elettrica in condizioni ambientali. Finora, comunque, la realizzazione del sensore chimico basato sul singolo fiocco di grafene è ancora difficile da realizzare a causa della complessità dell'intero processo, a partire dalla sintesi e/o isolamento del grafene fino alla sua introduzione nell'architettura del dispositivo. A tutt’oggi, diversi lavori che riguardano la fabbricazione di sensori di gas utilizzano come strato sensibile un materiale molto più facilmente gestibile, come l’ossido di grafene ridotto. 

Nel laboratorio dell’ENEA di Portici sono stati realizzati dei dispositivi sensori basati sul grafene, ottenuto per esfoliazione chimica della grafite (Figura, a sinistra: Interazione di NO2 con il sistema p del grafene; a destra:

 

Permeabilita del grafene ai protoni. Nel 2008 un famoso esperimento metteva in evidenza l’impermeabilità del grafene monostrato all’elio e ad altri gas in condizioni ambiente (J.S. Bunch et al., Nano Lett., 2008, 8, 2458.). Dopo numerosi altri esperimenti, è ormai chiaro che a temperatura e pressione ambiente un singolo strato grafenico privo di difetti non lascia passare alcun tipo di atomo o piccola molecola (incluso H2), facendone la barriera più sottile esistente. Perfino l’idrogeno atomico dovrebbe impiegare miliardi di anni per bucare la nuvola elettronica di una maglia esagonale di atomi di carbonio nel reticolo piano. In un certo senso questo sembrerebbe mettere la parola fine all’idea di utilizzare il grafene per nuove e sofisticate tecniche di separazione. Per poterlo fare occorrerebbe creare dei difetti nella struttura in maniera controllata. In pratica, servirebbe creare dei varchi di opportuna dimensione e con precisione atomica. È ora però dimostrato che in condizioni statiche uno strato di grafene permette il passaggio di protoni a temperatura ambiente.

 Questo accade quando un singolo strato grafenico è posto tra due strati di Nafion, un polimero che conduce protoni quando è idratato e che non presenta alcuna conducibilità elettronica apprezzabile (S. Hu et al., Nature, 2014, 516, 227.). Il passaggio di corrente attraverso il dispositivo dimostra quindi che, in assenza di altri trasportatori di carica, il grafene permette il trasporto di protoni (protoni che sono iniettati nel sistema attraverso due elettrodi di PdHx depositati sul Nafion da entrambi i lati del wafer, vedi Figura).

Sebbene il grafene non sia l’unico solido cristallino 2D a condurre protoni a temperatura ambiente [nelle stesse condizioni il nitruro di boro esagonale (hBN) monostrato è un conduttore molto più efficace], la sua conducibilità migliora significativamente all’aumentare della temperatura. I promettenti valori di conducibilità protonica di questi solidi 2D, uniti alla possibilità di generare facilmente idrogeno quando attivati con nanoparticelle di Pt (oltre alla non trascurabile proprietà del grafene di non permettere il rilascio di gas), ne fanno degli interessanti candidati per membrane protoniche da utilizzare in nuove celle a combustibile. 

Bisogna infine ricordare che la permeabilità del grafene ai protoni scompare quando si aggiunge un secondo strato grafenico, e questo a causa dello stacking di tipo ABA presente nel materiale polistrato (Figura). 

Nel passaggio attraverso la superficie grafenica i protoni devono "bucare" la nuvola elettronica del reticolo degli atomi di carbonio. Pertanto la presenza di un offset tra gli strati A e B determina un blocco delle cariche positive allo strato successivo poiché queste impattano su aree in cui sono presenti massimi di densità elettronica. 

Poiché questo non accade in hBN (il cui impaccamento è di tipo AAA), la sua conducibilità protonica è preservata anche nel caso di strutture polistrato.

 

Ghiaccio quadrato. In un recente geniale esperimento di un gruppo internazionale che include il premio Nobel Geim, un film di acqua è stato confinato in mezzo a due monostrati grafenici avvicinati a una distanza inferiore a 1 nm (G. Algara-Siller et al., Nature, 2015, 519, 443.). In queste condizioni l’acqua è sottoposta ad una pressione ca. 10000 volte quella atmosferica (≈1 GPa) e questo soltanto per effetto della forza di van der Waals che si esercita tra gli atomi di carbonio dei due reticoli 2D grafenici affacciati. Tali condizioni di confinamento idrofobico sono sufficienti per indurre l’acqua a cristallizzare a temperatura ambiente in una struttura che dalle immagini raccolte con un microscopio TEM sembra essere costituita da pochi strati di ghiaccio in cui i legami a idrogeno dell’acqua sono a 90°(vedi Figura).

Gli autori dello studio sostengono che i risultati di questa ricerca potrebbero essere importanti per capire altri fenomeni di nanocapillarità in condizioni idrofobiche. La presenza di ghiaccio bidimensionale potrebbe spiegare così la facile e veloce permeabilità dell’acqua nei nanotubi di carbonio o in membrane basate su strutture grafeniche.

 

 

Chimica del grafene

Origine della reattività del grafene. Il grafene presenta una reattività chimica molto minore dei fullereni e dei nanotubi di carbonio. Ciò naturalmente limita i possibili approcci alla sua funzionalizzazione. La sua scarsa solubilità sia in soluzioni acquose che organiche ne rende difficile la manipolazione in soluzione, nelle condizioni cioè in cui si realizzano molti processi di funzionalizzazione.  E quindi è necessario spesso un pre-trattamento per aumentare la solubilità del grafene. Inoltre il grafene funzionalizzato è chimicamente non-stechiometrico, il che ne rende difficile il controllo delle proprietà. Esso è composto di atomi sp2 e chimicamente insaturo  (vedi Figura). Gli atomi di C possono formare un legame extra passando da sp2 a sp3. Questa insaturazione è ritenuta l'origine della reattità del grafene nelle reazioni covalenti di addizione.

 

Tuttavia, il grafene è chimicamente inerte (o stabile) perchè tuttu i suoi orbitali pz sono fortemente accoppiati in un sistema gigante di legame p delocalizzato. D’altro canto, come una sorta di legante p, il grafene può dare complessazione con composti organici e metalli di transizione mediante interazioni p-p, H-p o metallo-p.  Gli orbitali molecolari anti-leganti p* possono accogliere elettroni, il che facilita l’adsorbimento tra grafene e particelle elettron-ricche (metalli alcalini).

Nella Figura seguente, oltre ad un sito normale in blu (reattività intrinseca) si osservano altri siti reattivi sullo strato grafenico: bordi zigzag e armchair (nero), monovacanza (rosso) e struttura locale di uno strato curvo (viola). 

 

 

Nella pratica il grafene (non quello ideale) contiene inevitabilmente bordi (di tipo diverso), corrugamenti, vacanze e altre “impurezze” chimiche, che ne alterano la struttura elettronica e possono modificarne le proprietà chimiche e la reattività. Durante le reazioni di addizione covalente alcuni atomi di carbonio interni coinvolti nel processo devono spingersi verso l’esterno del piano per adottare una ibridizzazione sp3, determinando uno strain nel piano.  

Gli atomi di carbonio sui bordi sono di solito legati a gruppi chimici, tipo atomi di idrogeno. A differenza degli atomi interni questi atomi di carbonio dei bordi possono assumere più facilmente geometrie tetraedriche senza causare degli strain extra. Sono questi gli atomi preferiti nelle addizioni covalenti. Poiché inoltre gli orbitali molecolari di frontiera sono principalmente localizzati sui bordi zigzag (Figura, a sinistra) questi sono particolarmente reattivi nel grafene.

Per le stesse ragioni i bordi delle vacanze all’interno del piano del grafene sono pure molto reattivi (Figura, al centro).  Le fluttuazioni del piano basale determinano curvature e increspature dello strato grafenico. La curvatura riduce l’overlap degli orbitali atomici pz di atomi adiacenti  (Figura, a destra) producendo stati localizzati con energie maggiori. 

Vale la pena notare che in pratica le reazioni del grafene sono generalmente complesse: diversi tipi di reattività possono essere coinvolti simultaneamente o in diversi stadi del processo. 

La razionalizzazione sopra suggerita dei tipi di reazioni serve solo a sottolineare la “driving force” principale dei processi.

Si consideri infine che avendo il grafene due superfici utili, permette una doppia funzionalizzazione  (Figura, I),  con possibilità di assemblaggio di strutture supramolecolari (Figura, II).

 

 

Funzionalizzazione nel piano mediante addizione covalente. Gli atomi di carbonio nel piano basale sono protetti dal loro sistema di coniugazione-p. Quindi le addizioni covalenti incontrano di solito grandi barriere energetiche e solo gruppi reattivi, come idrogeno atomico, fluoro, e precursori di altri radicali chimici possono essere impiegati come reagenti.  Non potendoci essere un vero controllo della reattività la maggior parte di queste reazioni riguarda anche i bordi del grafene.

Idrogenazione e deidrogenazione. L’idrogenazione del grafene libero o collocato su substrati di Si ossidato è stata studiata sia sperimentalmente che teoricamente. Il grafene supportato mostra struttura e proprietà elettroniche diverse prima e dopo l’idrogenazione. L’ibridizzazione cambia da sp2 a  sp3, e i legami C-C risultano elongati. 

Gli atomi di idrogeno tendono a reagire con entrambe le superfici del piano del grafene primitivo (Figura). 

Le conformazioni più favorvoli del grafene dopo idrogenazione sono (vedi): conformazione a sedia (chair, a) o conformazione a barca (boat, b).

Se solo un lato viene idrogenato lo strato può essere arrotolato a formare nanotubi di carbonio per via dello stress esterno sbilanciato sui due lati. 

 

Il grafene semi-idrogenato possiede proprietà di semiconduttore ferromagnetico perché l’idrogenazione parziale può distruggere il network p delocalizzato del grafene.  Il grafene completamente idrogenato è detto ‘grafano’ e viene preparato sotto atmosfera di plasma di idrogeno.  In alternativa diversi gruppi di ricerca hanno anche studiato il chemioadsorbimento di idrogeno sulla superficie grafenica, nel qual caso  solo piccole aree del piano vengono idrogenate.

La deidrogenazione può avvenire mediante annealing senza influenzare le proprietà elettroniche del grafene. La reattività del grafene deidrogenato è maggiore di quella del grafene originale soprattutto a causa della formazione di difetti.

L'idrogenazione offre un mezzo pratico per controllare la struttura elettronica del grafene. Infine, il grafene idrogenato, (CH)n, può essere un eccellente nuovo materiale per lo storage di idrogeno.

 

Fluorurazione. Mentre l’idrogenazione diretta con H2 è difficile a causa dell’elevata energia di legame richiesta (ca 2.4 eV/atomo), per la fluorurazione con F2 si ha un’energia di circa 1.5 eV/atomo. E’stato creato anche l’analogo completamente fluorurato del grafano, ma poi la sostituzione di F con H produce solo grafite e HF. La fluorurazione del grafene può essere utile anche per ulteriori reazioni di sostituzione e funzionalizzazione. Per esempio gli strati fluorurati di grafene sono stati fatti reagire con successo in situ con butilammina, a dare il grafene alchilato. I grafeni alchilati sono importanti materiali perché si possono facilmente disperdere in comuni solventi organici, come diclorobenzene, diclorometano e THF. Inoltre possono essere completamente dealchilati mediante annealing, recuperando le proprietà del grafene originario. 

Il grafene fluorurato è stato preparato mediante trattamento con plasma del grafene convertito chimicamente (CCG = chemically converted graphene) a temperatura ambiente, seguito da reazione con butilammina. In queste condizioni il grafene può portare gruppi residui contenenti ossigeno, che indubbiamente riducono il grado di fluorurazione.

 

Reazioni di ossidazione. Lo strato di grafene ossidato è una delle forme più importanti del grafene, con una ossigenazione pesante dovuta a gruppi di diversa natura come carbonili, carbossili e idrossili. Questi ossidi di grafene (GO) reagiscono facilmente con specie solubili. Ciò consente di modificarne l’idrofilicità, l’idrofobicità o l’organofilicità, come richiesto da molte applicazioni. Per esempio, strati modificati di grafene possono essere facilmente dispersi in solventi organici per reazioni di funzionalizzazione, o per essere mescolati con matrici organiche a formare nuovi materiali nanocompositi. L’ossidazione può anche produrre strati con un solo tipo di specie contenente ossigeno nel piano basale (grafene con soli idrossili = grafenolo; o soli carbossili = acido grafenico). Diversi metodi sperimentali sono stati messi a punto per l’ossidazione del grafene. Citiamo solo il processo diretto, in un solo stadio, con forti ossidanti come acido solforico concentrato, acido nitrico concentrato o permanganato di potassio.

 

Architetture grafeniche ottenute mediante addizione covalente. Molte nanostrutture come fullereni e nanotubi di carbonio (CNTs) possono essere legate in modo covalente al piano grafenico. Esse trasformano il grafene bidimensionale (2D) in networks complessi tridimensionali (3D). Questi network rappresentano nuovi materiali con particolari propietà elettroniche e strutturali (Figura). 

Studi teorici sui grafeni "pillared" mostrano che si può controllare il trasporto elettronico tra gli strati grafenici regolando la lunghezza dei CNTs che li connettono. Inoltre si prevede sia possibile legare fullereni in modo covalente agli strati di grafene formando strutture periodiche grafeniche (nanobuds, letteralmente nanoboccioli). Questi sono termicamente stabili e analoghi ai "nanobuds" con C60 attaccato a CNTs.  Tali materiali dalle proprietà strutturali uniche potrebbero essere usati per lo storage di gas o liquidi o come sensori.

 

Piani grafenici decorati con diverse specie

Atomi o ioni. A causa delle potenziali applicazioni in catalisi e nella sensoristica, molti studi sono stati dedicati alle proprietà di adsorbimento di atomi, specialmente metalli di transizione. Studi teorici mostrano che la configurazione più stabile per un singolo atomo di Au è la posizione sopra un atomo di carbonio, mentre per un dimero di Au è la posizione perpendicolare al piano sopra un lato. L'adsorbimento di Cu è lo stesso dell'oro. D'altra parte gli atomi di Xe occupano di preferenza le cavità nel grafene.  Inoltre usando gli spettri Raman si è trovato che l'adsorbimento di Li+ è di tipo diverso su grafene singolo o a più strati. 

Molecole. Gli elettroni delocalizzati p del grafene sono pesantemente influenzati dagli adsorbati.  Di conseguenza le molecole adsorbite sulla superficie del grafene possono modificare la concentrazione locale dei carrier e anche aprire un band gap, per via dei trasferimenti di carica tra i due componenti. Tali trasferimenti e la conseguente elettroconduttività possono consentire la fabbricazione di sensori di vapori con alta sensitività e facile manipolazione. Si può regolare il gap del grafene fino a ca. 0.206 eV mediante adsorbimento controllato di molecole d'acqua sulla superficie del grafene. E' così facile aggiustare il gap senza disturbare la struttura dello scheletro p.

Nanoparticelle di metalli di transizione.  Anche nanoparticelle di metalli di transizione possono essere adsorbite e distribuite omogeneamente sul piano grafenico. Le dimensioni e forme di tali nanoparticelle possono essere regolate controllando solventi e agenti riducenti. In alcuni casi i nanocompositi metallo-di transizione/grafene hanno mostrato attività catalitica superiore ai catalizzatori convenzionali dei metalli di transizione o ai carburi dei metalli di transizione. Per esempio, nanoparticelle di Pt (Figura) possono aderire fortemente al grafene non-difettivo per via del trasferimento elettronico da grafene alle nanoparticelle. Queste, in combinazione con la eccellente conduttività e la grande area superficiale, sono potenzialmente utili in catalisi e sensoristica.   

Ossidi metallici.  I compositi grafene/ossido metallico mostrano proprietà elettroniche superiori in campo energetico. I nanocompositi grafene/SnO2 ne sono un esempio. Gli strati grafenici possono essere distribuiti omogeneamente tra le nanoparticelle di SnO2 impaccate lasche. Nanoparticelle di TiO2 sono state attaccate al grafene (vedi Figura sopra) mediante la tecnica della riduzione del GO assistita da irraggiamento UV in sospensioni TiO2/etanolo. Il grafene ridotto rimane ben sospeso nel solvente a causa delle interazioni con le nanoparticelle di TiO2. La resistenza elettrica del nanocomposito TiO2/grafene viene ridotta di un ordine di grandezza. L'uso di nanocompositi TiO2/grafene a formare uno strato interfaccia in certe celle solari (dye-sensitized cells, Figura) può aumentare di molto l'efficienza della fotoconversione. 

Nelle celle solari dye-sensitized (DSSC) il  materiale attivo è costituito da un colorante (dye) che trasferisce elettroni al biossido di titanio in seguito  all'assorbimento di un fotone.  Come dye sono state utilizzate molecole estratte dal succo di more e lamponi, in particolare antocianine, che assorbendo radiazione luminosa trasferiscono elettroni fotoeccitati in uno strato di TiO2

I nanocompositi LiFePO4/grafene sono ottimi candidati per le loro eccellenti proprietà come materiali per le batterie ricaricabili al litio. I compositi ZnO/grafene sono trasparenti, conduttori e flessibili e si prestano per sistemi elettronici e optoelettronici di prossima generazione.

Composti coniugati.  Il grafene si aggrega facilmente in soluzione per via della sua idrofobicità. Ciò ne limita la funzionalizzazione chimica e le applicazioni. Quindi decorare il grafene con composti coniugati può servire per ottenere sospensioni stabili di strati individuali grafenici. I composti coniugati possono essere attaccati mediante interazioni non-covalenti tipo stacking p-p o legami d'idrogeno. Le dispersioni di grafene si possono preparare via esfoliazione di grafite in N-metil-pirrolidone (NMP); l'energia richiesta per esfoliare la grafite è parzialmente compensata dalle forti interazioni tra grafene e NMP. In un processo simile la funzionalizzazione non-covalente del GO con 1-pirenebutirrato seguita da riduzione con idrazina monoidrato può essere usata per produrre stabili dispersioni acquose di strati grafenici. Vari derivati del pirene sono stati impiegati a tale scopo, come quello in Figura

Le molecole coniugate sul grafene possono anche influire sull'adsorbimento delle nanoparticelle metalliche in due modi diversi: i) le molecole indeboliscono le interazioni nanoparticelle metalliche/grafene; ii)  forniscono inoltre nuovi siti reattivi per la deposizione delle nanoparticelle metalliche.

Tensioattivi e biomolecole sono pure stati utilizzati per disperdere il grafene. Inoltre il grafene/GO ha le potenzialità per essere usato come "drug carrier".

Polimeri. Una importante funzionalizzazione non-covalente del grafene consiste nell'interazione con specie polimeriche in diversi solventi. Si può aumentare la dispersione del grafene formando compositi polimero/grafene per future applicazioni. Si vede un esempio di polimero (polianilina sulfonata) e del composito in Figura.