Limiti nel concetto di raggio ionico

 

I raggi di Shannon e Prewitt si sono mostrati estremamenti utili nella discussione delle strutture degli ossidi o degli alogenuri. Mostrano infatti chiari limiti nella discussione di strutture ad anioni misti. Ad esempio, nelle forme ordinate di LaOF (struttura tipo CaF2), le distanze calcolate La-O e La-F sono 2.54 e 2.47 Å, mentre i valori osservati sono  invertiti, 2.42 e 2.60 Å.

Come vedremo, è più opportuno correlare le distanze di legame alla forza di legame, piuttostosto che ai raggi ionici. Tuttavia la “tentazione di assegnare una dimensioni definite agli ioni è irresistibile” (O'Keeffe).

 

Le prime suddivisioni delle distanze interioniche furono fatte con apporzionamenti proporzionali a proprietà degli ioni liberi. Pauling assunse, ad esempio, il criterio

raggio µ 1/Zeff 

 

una procedura errata, considerato anche il fatto che nel cristallo il potenziale elettrostatico (o di Madelung) agisce nel senso di espandere i cationi e contrarre gli anioni (Tosi, O'Keeffe). Questi e altri argomenti fallaci hanno portato a scale di raggi ionici con anioni troppo grandi e cationi troppo piccoli.

E’ dubbio che si possa mai trovare un metodo non ambiguo e utile per dividere una lunghezza di legame in una parte cationica e una anionica.

 

Benchè la densità elettronica (sia calcolata che sperimentale) presenti un minimo in un punto intermedio tra catione e anione, come abbiamo visto, questo è ampio. Inoltre, se prendiamo il minimo come punto di divisione, si trova, almeno dagli studi teorici, che le cariche così definite valgono per le regioni ioniche  che sono significativamente inferiori delle cariche formali. Sono inoltre stati fatti tentativi di dividere la mappa di densità elettronica sperimentale in regioni a carica intera  e ottenere così raggi ionici sperimentali. I risultati (soggetti ad alte incertezze) tendono a supportare l’idea che i primi sets di raggi mostravano anioni troppo grandi e cationi troppo piccoli.  Da queste analisi si sono formate le basi per la tabulazione dei "crystal radii" di Shannon e Prewitt, in cui, per esempio,  i raggi tetraedrici di ossigeno e fluoro sono di 1.24 e 1.17 Å, rispettivamente, che sono preferibili ai precedenti valori (e.g., il raggio dell’ossigeno pari a 1.4 Å).

Bisogna poi sottolineare che non è possibile utilizzare raggi appropriati per una classe di composti nell’analisi di altre classi di composti. e non si può assegnare un raggio costante ad uno ione. Per concludere, segnaliamo anche che l’uso della parola “raggio” implica che le dimensioni di uno ione siano le stesse in ogni direzione, e che lo stesso “raggio” sia appropriato per interazioni sia di legame che di non legame, cosa che è assai poco credibile.

 

Nell’analisi di questi problemi l’uso diretto delle mappe di densità elettronica non porta spesso ad una buona stima del trasferimento di carica verso l’anione. Benchè si possa notare un accumulo preferenziale della carica nelle regioni anioniche, non è possibile giungere a una conclusione chiara dall’osservazione della densità totale.  

Molto più utile è l'analisi delle mappe differenza di densità elettronica. Queste sono ottenute sottraendo alla densità totale sperimentale ottenuta mediante diffrazione ai raggi X quella degli atomi isolati sferici (calcolata mediante metodi quantistici accurati). E’possibile anche calcolare la densità elettronica totale e le mappe differenza di densità e confrontarle con quelle sperimentali. Questo procedimento è stato recentemente applicato al caso di MgO (Figura).

Si notano nella Figura [mappe differenza r(MgO)-r(Mg)-r(O), a sinistra sperimentale, a destra calcolata]  le seguenti proprietà:  

 

· le linee continue indicano accumulo di densità elettronica, le linee tratteggiate una diminuzione di densità. Da questo si nota come la carica si sposta da Mg a O a formare specie ioniche;  

· le linee di livello non sono perfettamente circolari e mostrano l'occorrenza di una certa polarizzazione;  

· sia le densità sperimentali che calcolate sono consistenti con una descrizione largamente ionica del solido MgO.  

 

Alcuni principi generali per le strutture ioniche

 

Consideriamo le seguenti linee come guida per le strutture ioniche:

(a)   Gli ioni sono da considerarsi come sfere cariche, elastiche e polarizzabili.

(b Le strutture ioniche sono tenute assieme da forze elettrostatiche e, quindi, sono organizzate in modo che i cationi siano completamente circondati da anioni e viceversa.

(c)  Per massimizzare l’attrazione elettrostatica netta tra gli ioni nella struttura (cioè l’energia reticolare), i numeri di coordinazione devono essere i maggiori possibili, purchè lo ione centrale mantenga il contatto (attraverso la sua sfera di influenza) con tutti gli ioni vicini di carica opposta.

(d)  Le interazioni con i secondi vicini sono del tipo cationi-cationi o anioni-anioni e sono di tipo repulsivo. Ioni dello stesso tipo, quindi, si dispongono il più lontano possibile tra di loro  e questo conduce a strutture di alta simmetria con un volume massimizzato.

(e)   L’elettroneutralità locale tende a prevalere;  cioè, vale il principio che la valenza di uno ione è uguale alla somma delle forze di legame elettrostatiche tra lo ione stesso e gli ioni adiacenti di carica opposta.

 

Il punto (a) è stato considerato precedentemente. I punti (b) e (d) implicano che le forze che tengono uniti gli ioni e l’energia netta dell’interazione tra gli ioni siano le stesse che si otterrebbero considerando il cristallo come un reticolo tridimensionale di cariche puntuali. Dalla legge di Coulomb, la forza F tra due ioni di carica Z+e e Z-e, separate da una distanza r è data da

F = (Z+e)(Z-e)/r2

Il punto (c) introduce il requisito che gli ioni primi vicini debbano stare “a contatto”. Certo, vista la natura delle distribuzioni di densità elettronica è difficile quantificare l’espressione “a contatto”. E’ tuttavia importante, perchè, pur variando le dimensioni con il numero di coordinazione, molti ioni, specialmente i più piccoli,  presentano un numero di coordinazione massimo; per Be2+ questo è  4 e per Li+ è 6. Gli ioni sono flessibili, ma si espandono o contraggono solo entro precisi limiti.

 

Massimizzazione del volume

L’idea  di massimizzare il volume dei cristalli ionici (Brunner, O'Keeffe), il punto (d) indicato sopra, può risultare alquanto inatteso poichè si è abituati a considerare le strutture ioniche e (particolarmente) le strutture a impaccamento compatto come arrangiamenti aventi il minimo volume.

Nel modello ionico gli anioni sono ritenuti assumere una disposizione che tende ad approssimare il più possibile l’impaccamento compatto di sfere rigide uguali. Se però le dimensioni della struttura fossero determinate dall’impaccamento compatto degli anioni, con i piccoli cationi a occupare cavità, il volume per anione dovrebbe rimanere quasi costante da struttura a struttura. In realtà se consideriamo, per esempio, ossidi binari di tipo MO, questo parametro varia molto, da 13.8 Å3 in BeO a 42.1 Å3 in BaO. 

 

Inoltre, nei cristalli reali le densità dell’impacchettamento anionico sono molto minori del valore ideale di 0.74.  In a-Al2O3, per esempio, con impaccamento hcp degli anioni, la densità di impaccamento anionico è solo the 0.595. Benchè gli anioni siano topologicamente disposti come se formassero un impaccamento compatto, essi non sono in reale contatto l’uno dell’altro. O'Keeffe ha coniato il termine eutassia  per descrivere questa situazione. Seguendo O'Keeffe, le strutture dei cristalli ionici sono meglio descritte come strutture a massimo volume (a minima energia elettrostatica)  per distanze fisse catione-anione.

Possiamo comprendere il punto se consideriamo i seguenti argomenti. 

La prima forza di legame nei cristalli ionici è quella attrattiva tra i primi vicini catione-anione, e questa è massimizzata a distanza corta catione-anione (considerando che se gli ioni si avvicinano troppo crescono le forze repulsive ripristinando l’equilibrio). A questi effetti si sovrappongono  le interazioni tra i secondi vicini, che sono forze repulsive tra ioni dello stesso tipo.

Con i vincoli che (a) le distanze catione-anione siano le più corte consentite e (b) i numeri di coordinazione siano i massimi possibili, gli ioni uguali tendono a disporsi il più lontano possibile, in modo da ridurre le loro mutue repulsioni. Ciò porta a disposizioni regolari ed alto simmetriche degli ioni di ugual carica, che tendono ad assumere i massimi volumi.

Un esempio di struttura a volume massimizzato è quella del rutilo.

La distorsione degli strati di ossido causa una riduzione del numero di coordinazione (O-O) dell’ossigeno da 12 (nell’hcp regolare) a 11. La coordinazione di Ti da parte degli O, e viceversa, non è affetta da questa distorsione, ma il volume totale della struttura cresce del 2-3%.    

O’Keeffe  ha illustrato queste idee facendo uso di molte strutture ioniche comuni.

 Citiamo l’esempio di ZnO (struttura tipo wurtzite, Figura).  

La wurtzite è esagonale, gruppo spaziale P63mc. Abbiamo lo zinco nelle due posizioni (0,0,u1), (1/3,2/3,1/2 + u1) e l’ossigeno nelle due posizioni (0,0,u2), (1/3,2/3,1/2 + u2). Due parametri, g = c/a e u = u1 – u2,  specificano completamente la struttura. 

 

Le quattro distanze tetraedriche Zn-O sono uguali quando  g2 = 4/(12u - 3) e quindi, il volume è

V = Ö27 l3(u – 1/4)/2u3  

 

con l  uguale alla distanza catione-anione. V è massimo quando u = 3/8, da cui g2 = 8/3 e g = 1.633. Per ZnO, u = 0.383 and g = 1.6022 e per BeO, u = 0.378 e g = 1.602. Per molte altre specie ioniche con questa struttura u e g sono vicini ai valori ideali previsti dalla massimizzazione del volume. 

 

Le regole di Pauling 

Il punto (e) citato sopra non è altro che la regola della valenza elettrostatica, la seconda di un gruppo di cinque regole proposte da Pauling (1929) per interpretare le strutture dei cristalli ionici. Ci limitiamo ad elencare queste regole.  

1)     La prima regola sintetizza le relazioni geometriche che tendono a stabilirsi tra cationi e anioni in una struttura stabile, introducendo il concetto di raggio ionico. Intorno a ciascun catione si forma un poliedro di coordinazione; la distanza tra il catione e l'anione è determinata dalla somma dei raggi,  mentre il numero di coordinazione del catione dal rapporto dei raggi.  

2)    Nella seconda regola viene analizzato il bilancio elettrostatico. In una struttura ionica stabile la forza totale dei legami di valenza che raggiunge un anione da parte di tutti i cationi vicini è uguale alla carica dell’anione.  

3)     La terza regola riassume, da un punto di vista qualitativo, l'influenza che la condivisione degli elementi geometrici dei poliedri di coordinazione ha sull'energia potenziale e quindi sulla stabilità della struttura: La condivisione di lati e particolarmente di facce tra poliedri di coordinazione fa diminuire la stabilità di una struttura. Questo effetto si accentua per cationi di grande valenza e di basso numero di coordinazione.  

4)     La quarta regola è un ovvio corollario della terza: In un cristallo contenente differenti cationi, quelli con grande valenza e basso numero di coordinazione tendono a non far condividere alcun elemento tra i poliedri di coordinazione da essi formati.  

5)    La quinta regola, nota anche come “principio della parsimonia”, dice: Il numero di costituenti essenzialmente differenti in un cristallo tende a essere piccolo.   

Mentre abbiamo precedentemente gia utilizzato la terza regola, parliamo ora della seconda. Fondamentalmente la regola vuole significare che la carica su un particolare ione, per esempio, un anione, deve essere bilanciata  da una carica uguale ed opposta sui cationi circostanti. Tuttavia, poichè questi cationi sono a loro volta  circondati da altri anioni, è necessario stimare la quantità di carica positiva effettivamente associata con ogni legame catione-anione.  

Per un catione Mm+ circondato da n anioni, Xx-, la forza di legame elettrostatico (electrostatic bond strength  ebs) dei legami catione-anione è definita 

ebs =  m/n

 

Per ogni anione, la somma di tutte le ebs dei cationi circostanti deve bilanciare la carica netta negativa dell’anione, cioè    

S m/n = x

 

Per esempio:

(a)  lo spinello, MgAl2O4, contiene ioni Al3+ ottaedrici e Mg2+ tetraedrici; ogni ossigeno è circondato tetraedricamente da tre ioni Al3+ e uno ione Mg2+. Possiamo controllare questi fatti nel modo seguente:

        Per Mg2+:                  ebs = 2/4  = ½

        Per Al3+:                    ebs = 3/6  = ½  

Quindi,                              S ebs  (3 Al3+ + 1 Mg2+) = 2  

 

(b)   Possiamo mostrare che tre tetraedri SiO4 non possono scambiarsi un vertice nelle strutture   dei silicati:

     Per Si4+                      ebs =  4/4 = l

quindi, per un ossigeno che è a ponte tra due tetraedri SiO4: Sebs = 2, che è accettabile.  Invece, per tre tetraedri con un vertice ossigeno in comune sarebbe S ebs = 3 per quell’ossigeno, che non è accettabile.

Questa regola di Pauling fornisce una guida importante al tipo di legami tra poliedri  che sono possibili o non possibili nelle strutture cristalline.

 

Nelle Tabelle è riportata una lista dei cationi comuni con le cariche formali, numeri di coordinazione, forze di legame elettrostatico. Inoltre sono presentati alcuni casi di combinazioni consentite e non di poliedri.

Molte altre combinazioni sono possibili, ma bisogna tener conto di eventuali restrizioni topologiche; così il massimo numero di ottaedri  che può scambiare un vertice è 6 (come nel salgemma), etc.

   

Valori ebs di alcuni cationi

Catione N. di coordinazione ebs
Li+ 4, 6 1/4, 1/6
Na+ 6, 8 1/6, 1/8
Be2+ 3, 4 2/3, 1/2
Mg2+ 4, 6 1/2, 1/3
Ca2+ 8 1/4
Zn2+ 4 1/2
Al3+ 4, 6 3/4, 1/2
Cr3+ 6 1/2
Si4+ 4 1
Ge4+ 4, 6 1, 2/3
Ti4+ 6 2/3

          

 

Combinazioni permesse e non di poliedri con vertici in comune*
Permessa Esempio Non permessa

2SiO4 tet.

Silice

 > 2SiO4 tet.

lMgO4tet. + 3AlO6ott.

Spinello

3AlO4 tet.

lSiO4tet. + 3MgO6ott.

Olivina

lSiO4tet. + 2AlO4tet.

8LiO4tet.

Li2O

4LiO6ott.

2TiO6ott. + 4CaO12dod.

Perovskite

 

3TiO6ott.

Rutilo

 

 * tet. = tetraedro; ott. = ottaedro; dod. = coordinazione 12 (cubottaedro)