Teoria delle bande

 

Introduciamo ora le linee basilari della teoria delle bande, che costituisce l’approccio fisico fondamentale della moderna teoria degli elettroni nei solidi. Questa prende spunto dalla considerazione della periodicità delle strutture cristalline. E’ questa periodicità che porta alla formazione di bande. Una assunzione di fondo è che tutte le interazioni elettrone-elettrone possano essere trattate con l’approssimazione dell’elettrone indipendente (senza interazioni interelettroniche). E precisamente, l’interazione di un elettrone con tutti gli altri può essere approssimata mediante un effettivo potenziale periodico medio, una assunzione che si è rivelata valida. Il più semplice modello consiste nell’introdurre nella teoria del gas di elettroni liberi di Sommerfeld un debole potenziale periodico (Figura); è questa la teoria dell’elettrone quasi libero (nearly free electron theory, NFE).

 

 

 

Discussione introduttiva

Elettroni quasi-liberi (NFE). Per un’onda elettronica viaggiante, la funzione d’onda è data da exp(ik.r), dove k è il vettore d’onda. Le energie e i valori k degli elettroni liberi in un cubo di lato L sono, come abbiamo visto,

E = (2/2m)(kx2+ky2+kz2) = (2/2m)k2

     k = (2p/L)m = 2p/L (mx, my, mz)

dove m = 0, + 1 + 2 ...; questi risultati derivano dalle condizioni al contorno periodiche. L’applicazione delle statistiche di Fermi-Dirac agli elettroni liberi in un metallo porta ai concetti di superficie di Fermi e di energia di Fermi, EF.

Tuttavia, tutti i calcoli e le discussioni precedenti si riferivano ad elettroni liberi; vale a dire, la disposizione periodica degli atomi nel cristallo è stata finora totalmente ignorata.

Introduzione di un potenziale periodico. Considereremo ora in via qualitativa gli effetti collegati alla periodicità della struttura cristallina. I cambiamenti sono profondi, come vedremo considerando ciò che succede in una dimensione. L’estensione al caso tridimensionale seguirà facilmente.

Gli elettroni, oltre a comportarsi come particelle discrete, possiedono un carattere ondulatorio (de Broglie). Questa proprietà è stata già utilizzata nella descrizione del modello di Sommerfeld degli elettroni liberi. Consideriamo un reticolo monodimensionale, con cella unitaria di dimensione a, e immaginiamo di far crescere lentamente l’energia e corrispondentemente k. Quando k diventa abbastanza grande (l abbastanza piccola) l’onda elettronica andrà incontro ad una riflessione di Bragg, come succede ai raggi X. Ricordiamo che la legge di Bragg è 2d sinq = nl, e per il caso monodimensionale d = a (lo spacing fra gli atomi); quindi, in una dimensione, i riflessi di Bragg si realizzano quando

k = np/a        n = ±1, ±2 ...

 

Infatti k = 2p/l, e per valori k = np/a si ha

2a = nl

che rappresenta la condizione di Bragg nel caso monodimensionale. La stessa riflessione di Bragg si verifica quando k raggiunge np/a da valori superiori.   

Qualunque tipo di onda propagantesi in un mezzo periodico subisce lo stesso fenomeno (Brillouin).

 

La Figura accanto mostra l’andamento di E(k) contro k sia nel caso degli elettroni liberi sia in presenza di un mezzo periodico (cristallo). 

Come vedremo, per k = np/a si determinano gaps di energia dovuti a queste riflessioni. Questi limiti separano zone o bande distinte.

L’intervallo per k = ±p/a prende il nome di prima zona di Brillouin. Esternamente a questa vi è la seconda zona di Brillouin, e così via. 

Vedremo questo punto in dettaglio più avanti.

Consideriamo il numero di valori k permessi nell’intervallo tra le riflessioni di Bragg (k = ±p/a). Per il caso monodimensionale, sono ammessi valori di k che siano multipli interi di 2p/L. Quindi vi è un numero enorme di valori di k ammessi perchè L » a. La curva E(k) è quasi continua. Poichè vi è un valore k per ogni multiplo intero di 2p/L, il numero totale di stati ammessi tra i riflessi di Bragg a k = -p/a e +p/a (Dk = 2p/a) sarà

(2p/a)/(2p/L) = L/a = numero totale di celle primitive

In tre dimensioni si ottiene L3/a3, che è ancora il numero di celle primitive nel cristallo. Se vi sono N celle primitive nel cristallo, vi sono N valori consentiti di k in ogni banda. Ogni banda poi può contenere 2N elettroni.

Funzioni d’onda. Per meglio capire i gaps di energia, dobbiamo considerare che le interferenze costruttive (le riflessioni) si verificano per k = np/a sia per onde viaggianti verso sinistra che verso destra. Cioè, l’onda con k = +p/a sarà riflessa e avrà quindi k = -p/a, che sarà a sua volta riflessa; vi è quindi un cambio di fase di p tra le onde riflesse dagli atomi. Le soluzioni per questi valori di k sono costituite da uguali componenti di onde viaggianti verso sinistra, k = -p/a, e verso destra, k = +p/a. Dalle onde viaggianti exp(±ikx) si possono formare combinazioni lineari che danno due onde stazionarie

(1/L1/2)( eipk/a – e-ipk/a) = (2i/L1/2) sin px/a = y1

(1/L1/2)( eipk/a + e-ipk/a) = (2/L1/2) cos px/a = y2

Il fatto che la prima sia immaginaria non è un problema, perchè la densità di carica, r(x) = -e|y|2, è reale.

In Figura sono illustrate le r(x) per le due onde stazionarie; le densità sono uguali eccetto per il fatto che sono spostate lungo l’asse x di a/2. In un caso i massimi sono situati in corrispondenza degli ioni, nell’altro tra gli ioni. Nell’approssimazione dell’elettrone libero queste due funzioni d’onda hanno la stessa energia. Invece, quando si considera la periodicità del cristallo esse differiscono energeticamente.

 

Per stabilire quale delle due funzioni abbia energia inferiore bisogna conoscere i dettagli dell’energia potenziale. Nei cristalli covalenti le densità di carica di valenza sono situate tra gli atomi mentre nei cristalli ionici sono sulle posizioni atomiche.

Massa effettiva

La massa è definita dalla legge di Newton come la costante di proporzionalità tra la forza e l'accelerazione, F = ma. Le interazioni dell’elettrone nel solido cristallino rendono la massa effettiva di questo "non più libero elettrone" diversa da quella di un vero elettrone libero.

Come esempio, consideriamo una sfera di carica Z e massa m, accelerata da un campo elettrico esterno, E, in un fluido senza attrito. La forza sulla sfera è ZE, ma il rapporto di ZE sulla accelerazione non sarà m, perchè la sfera spingerà anche una certa quantità di fluido davanti a se. Quindi, se ci focalizziamo solo sulla sfera, la legge di Newton fornirà una massa effettiva diversa da m.

Un elettrone in un cristallo si comporta in modo simile. Si muove sotto l’influenza delle forze interne, esercitate su di esso dagli ioni del reticolo, e di una forza esterna, esercitata su di esso dal campo elettrico E. Possiamo discutere il suo moto in termini delle sole forze esterne, ma l’effetto delle forze interne dovrà in qualche modo essere compreso. Questo si realizza con la massa effettiva m*, che può avere valori molto diversi da m. Ne risulta che non solo la massa m* può essere maggiore della vera massa m, ma può essere più piccola e perfino negativa.

Se partiamo dall’equazione per l’elettrone libero, sostituendo ad m la massa effettiva m* abbiamo

E = (2/2m*)k2

 

La derivata seconda di E rispetto a k porta a

(d2E/dk2) = 2/m*

 

Questa relazione può essere usata per definire la massa effettiva, che semplicemente è una grandezza inversamente proporzionale alla curvatura della banda di energia.

Le proprietà di m* sono dettate dal reticolo, che determina E(k) e quindi la sua derivata d2E/dk2. Spesso si preferisce ragionare in termini di 1/m*.

La Figura mostra la situazione di un cristallo monodimensionale. Vicino al centro della prima zona (k = ±p/a) 1/m* @ 1/m.  In questa regione il reticolo ha poco effetto sugli elettroni, che rispondono alle sollecitazioni del campo elettrico esterno come fossero elettroni liberi. 

La curvatura di E(k) cambia significativamente dalla curvatura della parabola procedendo dal centro della banda verso i bordi, con cambiamenti drammatici di 1/m* e quindi della risposta al campo applicato.

Poichè d2E/dk2 va a zero e quindi diventa negativa mentre k si avvicina a ciascuno dei due bordi della prima zona, 1/m* si comporta allo stesso modo. Dove 1/m* è zero una data forza applicata (qE) non determina alcuna accelerazione dell’elettrone, e dove 1/m* è negativo la forza causa una accelerazione in direzione opposta a quella attesa per un elettrone libero.  

Nella parte inferiore della banda, corrispondente alla seconda zona di Brillouin, 1/m* è positivo ma significativamente maggiore di 1/m (m*< m), così che la forza applicata produce una relativamente grande accelerazione degli elettroni nel reticolo.

Conviene approfondire queste considerazioni. Il responso di un elettrone in un cristallo ad un campo elettrico applicato può essere compreso meglio in termini del modo in cui le onde elettroniche sono riflesse dalle barriere di potenziale localizzate tra le coppie di ioni. 

Nella parte inferiore della prima zona, dove |k| @ 0, non si ha alcuna riflessione perchè si è ben lontani dalla condizione di Bragg (k = ±p/a). Quando viene applicato il campo elettrico, questo aumenta il momento e l’energia dell’elettrone, come nel caso dell’elettrone libero. Nella parte superiore della banda, dove |k| è più vicino al valore critico di Bragg, p/a, la riflessione comincia a divenire apprezzabile. Ricordiamo che la riflessione corrisponde ad una inversione del segno del momento. Nel punto in cui 1/m* = 0 (vedi Figura precedente), il guadagno del momento positivo dovuto al campo elettrico è esattamente compensato dal guadagno del momento negativo dovuto alla aumentata riflessione dell’elettrone da parte degli ioni reticolari. La variazione netta della velocità dell’elettrone è nulla, e, dal punto di vista della risposta al campo applicato, l’elettrone presenta una massa infinita, o 1/m* = 0. Al bordo superiore della banda 1/m* è grande e negativo, perchè l’aumento della riflessione, che risulta dalla quasi perfetta aderenza alla condizione di Bragg, è dominante. Passando alla parte inferiore della banda successiva la situazione è completamente invertita, e 1/m* è grande e positivo.

Se la curvatura di E(k) è grande, se cioè E cresce rapidamente al crescere di k, 1/m* è grande. Poichè i valori di k sono distribuiti in modo uniforme sull’asse k, la densità dei corrispondenti livelli energetici sull’asse E sarà bassa.

Invece se la densità dei livelli è relativamente alta, 1/m* risulta relativamente piccolo.

Il concetto di massa effettiva può essere utile in diversi casi. Per esempio, la teoria classica della conduttività s prevede che questa sia inversamente proporzionale alla massa dei trasportatori di carica. Possiamo tener conto del comportamento quantistico degli elettroni come carriers in un cristallo ponendo

s µ 1/m*

Applichiamo queste considerazioni al ferro e al rame

Nel caso del ferro gli elettroni di valenza occupano parzialmente le bande 3d. Poichè queste bande sono strette, la densità dei livelli è alta, e 1/m* è piccolo (ca. 0.1/m). Quindi il metallo non è un conduttore particolarmente buono. 

Il rame, d’altro canto, è un buon conduttore elettrico. La ragione è che nel rame le bande 3d sono piene, e gli elettroni di conduzione sono i 4s, che occupano una banda molto larga (sovrapposta alle bande 3d), che presenta una bassa densità di livelli e una alta massa effettiva (1/m* è circa uguale a 1/m). Come risultato la conduttività del rame è maggiore di un ordine di grandezza della conduttività del ferro.

 

Nelle situazioni in cui tutti i livelli di una banda isolata sono pieni, eccetto gli ultimi, molto vicini al bordo superiore, è conveniente pensare in termini di vacanze elettroniche (holes). L’assenza di un elettrone carico negativamente è equivalente alla presenza di un trasportatore di carica positiva. Inoltre, poichè la massa effettiva è negativa per i livelli vicini al top di una banda, le vacanze, che illustrano l’assenza di massa effettiva negativa, si comportano come se avessero una massa effettiva positiva. 

Funzioni di Bloch

Un teorema fondamentale che riguarda gli elettroni nei cristalli fu dimostrato da Bloch nel 1928. Questo stabilisce che le funzioni d’onda degli elettroni nei cristalli devono avere la forma delle funzioni di Bloch

yk(r) = eik.r uk(r)

dove uk(r) è una funzione che ha la periodicità del reticolo cristallino, cioè

uk(r) = uk(r + tm)

dove tm è un qualunque vettore di traslazione reticolare. Questa funzione dipende dal vettore d’onda k. Una funzione di Bloch ha la corretta simmetria traslazionale ed è una funzione d’onda da elettrone libero, exp(ik.r), modulata da una funzione che ha la periodicità del reticolo; è quindi una onda piana modulata.

In una dimensione possiamo scrivere

y(x) = exp (ikx) uk(x)

Se uk(x) è una costante, si riottiene la funzione d’onda per l’elettrone libero, con la stessa condizione su k. Il valore di k è cioè

k = 2pm/Na

con m intero.

 

Schema della Zona ridotta. Dalla periodicità delle funzioni di Bloch si può desumere che il valore di k è periodico nello spazio-k, modulo 2p/a, cioè che un valore k può essere sempre sostituito da k + 2pm/a (con m intero).

Quindi, possiamo restringere i valori di k ad un intervallo di lunghezza 2p/a senza la necessità di considerare k al di fuori di questo range poichè non si guadagna nessuna nuova informazione. Per convenienza l’intervallo è scelto simmetrico attorno a k = 0, cioè

-p/a £ k £ p/a

La procedura di restrizione dei valori di k in questo intervallo è illustrata in Figura.

 

Indice di Banda. L’intervallo -p/a £ k £ p/a è l’analogo 1D di quella che è detta la prima zona di Brillouin. Se vogliamo che le funzioni d’onda elettroniche siano espresse con un valore di k nell’intervallo ristretto, dobbiamo aggiungere un nuovo indice di banda alla funzione di Bloch per specificare a quale banda la funzione appartenga. In tre dimensioni avremo

ykn(r) = eik.r ukn(r)

L’indice di banda n è simile al numero quantico principale nell’atomo di idrogeno. L’indice assume un infinito numero di valori, da 1 a ¥ .

 

Modello nearly free electrons. In questo modello si determinano i gaps energetici partendo dal caso degli elettroni liberi e considerando la presenza di un debole potenziale cristallino periodico.

Per l’elettrone libero in una dimensione energie e funzioni d’onda sono

 

E = (2/2m) k2 + V0       yk(x) = L-1/2 eikx

 

dove il potenziale V0 è indipendente da x ed è posto uguale a zero.

Si aggiunge al Hamiltoniano per l’elettrone libero un piccolo potenziale periodico V(x) del tipo

V(x) = S Vn exp(2pinx/a)

con la proprietà che V(x) = V(x + a), e si procede applicando la teoria delle perturbazioni. Non entreremo nel merito di questi calcoli.

Per k = np/a i livelli imperturbati, corrispondenti ai valori per l’elettrone libero, E0 = (2/2m) k2, si splittano in due energie

E = E0 ± |Vn|

 

come già anticipato in termini qualitativi.

Gli elettroni del modello NFE sono anche detti elettroni di Bloch. Per questi elettroni il vettore d’onda k ha un significato diverso rispetto al caso degli elettroni liberi. Mentre per questi ultimi il momento lineare è p = k se gli elettroni non sono liberi, k non è più il vero momento e si chiama momento cristallino (crystal momentum).

 

Zone di Brillouin

 

Abbiamo introdotto le zone di Brillouin nello spazio-k per il caso monodimensionale. 

Si tratta ora di passare a più dimensioni. Come vedremo, l’analisi della forma delle zone di Brillouin può essere complicata e può influenzare in modi inconsueti il moto elettronico. 

Poichè la costruzione delle zone di Brillouin è intimamente collegata al reticolo reciproco, cominceremo col richiamare questo argomento.

 

 

Il reticolo reciproco rivisitato. Il reticolo reciproco è stato introdotto in connessione con la diffrazione dei raggi X da parte di un cristallo. Nello spazio reale, o diretto, definiamo reticolo o reticolo diretto associato ad un cristallo la collezioni di punti definiti dal vettore

tm = m1a + m2b + m3c

dove m1, m2, e m3 assumono separatamente tutti i valori interi.

Nello spazio-k si può definire un set di vettori, Km', che soddisfano la relazione

exp(iKm’.tm) = 1

per tutti i vettori tm, dove m'i è ogni intero. La collezione dei punti determinata dal set di vettori Km’ rappresenta il reticolo reciproco. Quindi, ogni reticolo di Bravais nello spazio diretto definisce un reticolo reciproco.

Nello spazio-k, i vettori del reticolo reciproco a*, b*, e c* possono essere generati dai tre vettori del reticolo reale, a, b, e c, come già visto.

Le dimensioni dei vettori del reticolo reciproco sono l’inverso di quelle dei vettori del reticolo diretto. Ogni vettore del reticolo reciproco ed ogni vettore dello spazio- k possono essere rappresentati, rispettivamente dai due set di vettori:

Km’ = m’1 a* + m’2 b* + m’3 c*

k = k1 a* + k2 b* + k3 c*

con m'i interi, mentre i valori ki sono numeri arbitrari (anche frazionari). 

Quindi, l’esponenziale exp (i k.tm) ha, in generale, un qualche valore complesso, ma quando k coincide con un vettore del reticolo reciproco l’espressione è uguale a 1.

La condizione di Bragg per una riflessione, cioè per una interferenza costruttiva, si verifica, come già visto, quando la differenza tra vettore d’onda uscente ed incidente (k’ – k) coincide con un vettore del reticolo reciproco Km

(k’ – k) = Km

 

Poichè k e k’ devono avere lo stesso modulo in uno scattering elastico, ne segue che la componente del vettore d’onda incidente k lungo la direzione di un vettore del reticolo reciproco Km è pari alla metà della lunghezza di Km, cioè

k.Km = (Km/2)Km = (1/2)Km2

 

Quindi, si verificano riflessioni di Bragg ogni volta che un vettore k finisce su di un piano bisettore perpendicolare di un qualsiasi vettore del reticolo reciproco (Figura, a destra).

Posto in questi termini, il caso monodimensionale, già trattato, va visto come segue: 

la condizione di Bragg si realizza quando k finisce sul piano bisettore di un vettore reciproco, come K = 1a*, ed, essendo a*= 2p/a, k deve essere uguale a p/a (Figura, a sinistra).

 

Zona ridotta in 3D. Abbiamo visto che in una dimensione tutte le funzioni possono essere riferite a valori di k nell’intervallo -p/a £ k £ p/a. 

Per valori esterni può essere operato un trasporto sostituendo k con k + 2pn/a dove n è intero. Questa è esattamente una traslazione con un vettore del reticolo reciproco in 1D, poichè 2p/a è il vettore base del reticolo reciproco in questo caso. 

In tre dimensioni si applica un procedimento analogo. Si noti che exp(i Km.r) ha la periodicità del reticolo reale

exp[ i Km.(r + tm)] = exp(i Km.r) exp(i Km.tm) = exp(i Km.r)

perchè exp(i Km.tm) = 1.

Una funzione di Bloch, yk’(r) = exp (ik'.r)uk’(r) definita con k’ fuori della zona ridotta può essere spostata nella zona per traslazione con un opportuno vettore del reticolo reciproco.

Infatti, sostituendo k’ con k + K, sarà

yk’(r) = eik'.r uk(r)= eik.r [eiK.r uk(r)]= eik.r uk(r) = yk(r)

 

Anche le energie En(k) sono funzioni periodiche nel reticolo reciproco,

En(k) = En(k + K)

 

Zone di Brillouin in più dimensioni

Anche in tre dimensioni assumeremo che le proprietà massive del cristallo non dipendano dalla scelta delle condizioni al contorno. Verrà mantenuta la condizione periodica al contorno di Born-von Karman, e si assume che il cristallo abbia la forma della cella primitiva del reticolo di Bravais. Se vi sono N1, N2 e N3 celle primitive nelle tre direzioni le condizioni al contorno sono

y(r + N1a) = y(r) y(r + N2b) = y(r) y(r + N3c) = y(r)

 

Una cella primitiva del reticolo reciproco contiene una alta densità uniforme di stati k permessi, pari al numero delle celle elementari del cristallo. Infatti, il volume DVk associato a ciascun valore di k è quello di un parallelepipedo di lati a*/N1, b*/N2, e c*/N3, quindi

DVk = a*. (b*x c*)/N

con N = N1N2N3, il numero totale di celle primitive del cristallo. Il volume della cella unitaria reciproca, a*. (b*x c*), è uguale a (2p)3/(VP), con VP pari al volume della cella diretta primitiva. Quindi

DVk = (2p)3/V (V = volume del cristallo)

lo stesso valore che avevamo per il gas elettronico.

Vi è però nello spazio reciproco la possibilità di costruire una cella primitiva più naturale in cui è rappresentata la zona ridotta. Questa è una cella simmetrica attorno a k = 0. E’ la cella di Wigner-Seitz del reticolo reciproco è prende proprio il nome di prima zona di Brillouin.

Ricordiamo come veniva costruita la cella di Wigner-Seitz nel reticolo diretto. Partiamo da un qualunque punto reticolare (l’origine) e tracciamo vettori verso tutti i punti reticolari adiacenti. Costruiamo piani perpendicolari a questi vettori passanti per il punto di mezzo di ciascun vettore. Il poliedro risultante è la cella di Wigner-Seitz, la cella, attorno all’origine, con il più piccolo volume delimitato da questi piani. La cella contiene esattamente un punto reticolare ed ha lo stesso volume della cella primitiva originale.

La cella di Wigner-Seitz per un reticolo di Bravais cubico a facce centrate è mostrata in Figura.

La stessa serie di operazioni condotta per il reticolo reciproco porta al poliedro che rappresenta la prima zona di Brillouin. Chiaramente è centrata a k = 0, presenta la simmetria dello spazio-k (che è la stessa dello spazio diretto), e contiene N valori di k come la cella primitiva originale del reticolo reciproco. Abbiamo visto quindi un punto importante: 

il procedimento per costruire i piani che delimitano la prima zona di Brillouin è lo stesso che serve per la costruzione dei piani da cui si hanno riflessioni di Bragg.