Esempi di zone di Brillouin

Cominceremo a trattare casi bidimensionali, che sono più semplici da rappresentare graficamente rispetto a quelli tridimensionali.

Casi in due dimensioni. Esaminiamo il reticolo reciproco illustrato in Figura (a).

 

 

Le linee attorno all’origine sono le bisettrici perpendicolari dei vettori reciproci ±a*, ±b*, ± (a* - b*). In due dimensioni queste linee svolgono il ruolo dei piani prima definiti per il caso tridimensionale. Queste linee determinano la prima zona di Brillouin. L’area di questa cella è uguale a quella della cella primitiva nella parte superiore destra della Figura (a) , pari a (a*.b*). Si noti che la prima zona di Brillouin ha la stessa simmetria binaria del reticolo reciproco. 

In Figura (b) è mostrato come i diversi "pezzi" della cella primitiva possono essere traslati mediante vettori del reticolo reciproco nella prima zona di Brillouin. Le traslazioni per le parti 1', 2', e 3' sono -b*, -a*- b*, e -a*, rispettivamente.

Nella Figura (c), riferita allo stesso reticolo reciproco, sono mostrate molte altre linee, ciascuna bisettrice perpendicolare di un vettore reciproco. Attorno alla prima zona di Brillouin (in bianco) si vede la seconda, poi la terza. Ciascun pezzo della seconda zona può essere traslato, mediante un vettore reciproco Km opportuno, nella prima zona (la soluzione del puzzle è mostrata), e così via. Le linee di separazione rappresentano discontinuità energetiche.

 

Come secondo esempio consideriamo un reticolo 2D rettangolare, con a = 2b; il reticolo reciproco, Figura (a), ha 2a* = b*. E’ abbastanza banale ottenere la prima zona di Brillouin, come pure le successive (seconda, terza e quarta).

 

 

L’ ultimo esempio 2D (Figura, b) è quello di un reticolo quadrato, il cui reticolo reciproco è pure quadrato. La Figura mostra le prime quattro zone complete e "pezzi" della quinta e sesta. Nello storico libro di Brillouin (L. Brillouin, Wave propagation in periodic structures, McGraw-Hill, 1946) vengono presentate tutte le prime dieci zone complete e i criteri per ricondurle alla prima.

 

 

Costruzione delle superfici di Fermi. Si tratta ora di aggiungere elettroni al solido. Inizialmente utilizziamo l’approssimazione dell’elettrone libero.

Ricordiamo che una zona di Brillouin è una costruzione geometrica nello spazio-k determinata dalla struttura del reticolo di traslazione. La superficie di Fermi è definita come la superficie nello spazio-k che racchiude gli stati elettronici occupati (a T = 0 K). Per l’elettrone libero la superficie di Fermi è una sfera centrata a k = 0, Figura seguente (a). Per il modello NFE si ha discontinuità alla superficie limite della zona di Brillouin, Figura (b). La Figura (c) mostra l’aggiunta progressiva di elettroni per il reticolo reciproco di un reticolo quadrato.

Gli elettroni occupano via via stati a crescente energia (curva 1 → curva 2 → curva 3 → curva 4).

La curva 1 rappresenta una bassa concentrazione di elettroni, con il raggio del cerchio di Fermi kF molto più piccolo della distanza dal centro alla superficie della zona di Brillouin. Nel caso della curva 2 (un maggior numero di elettroni aggiunti) vi è una crescente perturbazione della superficie di Fermi per alcuni stati elettronici più vicini al bordo della zona di Brillouin. La curva 3 rappresenta elettroni con grande perturbazione degli stati più alti, ma ancora gli stati elettronici occupati sono tutti all’interno della prima zona. Ancora più elettroni portano alla curva 4, che mostra che alcuni stati elettronici hanno abbastanza energia per superare la separazione energetica tra la prima e la seconda zona di Brillouin. 

 

Si noti che le linee sono curve a energia costante e quindi gli elettroni più esterni nelle curve 2 e 3 hanno stessa energia sia in direzione a*(o b*) che in direzione a* + b*, ma lo stesso vale per gli elettroni nella seconda zona (curva 4).

Queste analisi sono fondamentali per stabilire le proprietà di un solido, come il comportamento da isolante o da conduttore elettrico. Una illustrazione 2D del perchè un metallo divalente può essere conduttore è mostrata in Figura.

E’ tracciato un cerchio di Fermi (elettroni liberi) di area uguale a quella della prima zona di Brillouin di un reticolo di Bravais quadrato. Il cerchio si estende alla seconda zona, producendo quindi due bande parzialmente piene.

La Figura seguente rappresenta la prima zona di Brillouin di un reticolo ortorombico primitivo. In modo evidente i tre esempi mostrano cosa accade al crescere del numero di elettroni per cella unitaria primitiva. 

 

A sinistra, la sfera di Fermi è indistorta perchè i valori k sono lontani dal raggiungere la superficie della zona. In mezzo, i valori k sono maggiori e vi è una discontinuità di energia nella direzione c*. A destra, la concentrazione elettronica è grande abbastanza da determinare discontinuità energetiche in due direzioni, ma non nella terza. Da questa Figura si può evidenziare una anisotropia della conduttività elettrica.

 

Esempi in tre dimensioni. Un reticolo cubico semplice ha un reticolo reciproco che è ancora cubico semplice. I vettori reciproci Km si possono esprimere come (2p/a) (m1, m2, m3). Il volume della cella elementare diretta è a3 e quello della cella reciproca è 8p3/a3. La prima zona di Brillouin è un cubo, con sei facce (k1 = k2 = k3 = ±p/a) che sono bisettrici perpendicolari dei vettori di tipo K = (2p/a) (1, 0, 0), etc. Per trovare la seconda zona, osserviamo che i vettori K più corti successivi sono quelli di tipo (2p/a) (1, 1, 0). La Figura mostra la prima e la seconda zona di Brillouin. Le sei piramidi quadrate della seconda zona possono essere traslate ad opera di vettori reciproci per andare a riempire la prima zona.

 

Il reticolo cubico a corpo centrato (bcc), Figura (a), ha vettori reticolari primitivi e vettori reticolari reciproci dati da:

a = (a/2)(1, 1, -1)    a* = (2p/a)(1, 1, 0)

b = (a/2)(-1, 1, 1)    b* = (2p/a)(0, 1, 1)

c = (a/2)(1, -1, 1)    c* = (2p/a)(1, 0, 1)

 

Il reticolo reciproco è fcc. Basandoci sulla cella di Wigner-Seitz nello spazio diretto per il reticolo fcc, possiamo costruire immediatamente la prima zona di Brillouin per il reticolo diretto bcc, Figura (b). Questo dodecaedro è delimitato da 12 piani a

(p/a) {(±l, ±1, 0), (±1, 0, ±1), (0, ±1, ±l)}

ed ha un volume di 16p3/a3. (Il volume della cella diretta primitiva è a3/2, con a = lato di cella del reticolo reale bcc.)

Una sfera di raggio ki può essere inscritta in questa prima zona di Brillouin. La distanza dall’origine ai piani (1, 1, 0) è ki = (p/a)Ö 2 = 4.44/a. Avendo un elettrone per atomo per punto reticolare, e assumendo una superficie energetica sferica (elettrone libero), il raggio kF della sfera è dato dalla relazione (vedi)

kF = [3p2N/V]1/3

con N/V = numero elettroni per cella primitiva/Volume cella primitiva reale. In questo caso è N/V = 1/ (a3/2), quindi kF = (6p2)1/3/a = 3.90/a.

Poichè ki/kF = 1.14, è ragionevole assumere una superficie di Fermi approssimativamente sferica con un elettrone di valenza per atomo in una struttura bcc. La sfera inscritta potrebbe accomodare fino a 1.48 elettroni per atomo, se fosse tangente (ki/kF = 1). Molti metalli, compresi i metalli alcalini, hanno questa struttura ed un elettrone di valenza per atomo.

 

 

Il reticolo cubico a facce centrate (fcc), Figura (a), ha vettori reticolari primitivi e vettori reticolari reciproci dati da

 

a = (a/2)(l, 0, 1)     a* = (2p/a)(l, -1, 1)

b = (a/2)(1, 1, 0)    b* = (2p/a)(1, 1, -1)

c = (a/2)(0, 1, 1)    c* = (2p/a)(-1, 1, 1)

 

Quindi, il reticolo reciproco è cubico a corpo centrato e la prima zona di Brillouin è illustrata in Figura (b). Il volume della cella diretta primitiva è a3/4, mentre quello della prima zona di Brillouin è 32p3/a3.

Una sfera inscritta nella prima zona di Brillouin toccherebbe i bordi prima su una delle facce esagonali, con ki = pÖ 3/a = 5.44/a. Assumendo un elettrone per atomo per punto reticolare, e una superficie energetica sferica (elettrone libero), il raggio kF della sfera è dato dalla relazione

kF = [3p2N/V]1/3

con N/V = numero elettroni per cella primitiva/Volume cella primitiva reale. In questo caso è N/V = 1/(a3/4), quindi kF = (12p2)1/3/a = 4.91/a.

Quindi, ki/kF = 1.11 è ancora maggiore di 1, ma inferiore rispetto al caso di un metallo bcc. (La sfera tangente potrebbe ospitare 1.36 elettroni per atomo.) Ci si possono aspettare quindi maggiori perturbazioni dovute ai bordi della zona di Brillouin nei metalli monovalenti fcc che in quelli con struttura bcc.

 

In generale, non è difficile maneggiare la prima zona di Brillouin anche in 3D e per metalli monovalenti con semplici strutture è facile capire, in termini qualitativi almeno, come si riempiono gli stati k permessi.

 Anche la costruzione delle zone superiori può essere affrontata, anche se sono difficili da visualizzare. In Figura  sono riportate le prime tre zone di Brillouin per i reticoli bcc e fcc.

 

Quando vi sono abbastanza elettroni per avere valori di k ai confini di zona è necessario condurre calcoli dettagliati per determinare le discontinuità energetiche. Vi sono molti metodi numerici sofisticati utilizzati dai fisici per eseguire tali calcoli. I diversi approcci vanno sotto i nomi di: metodo cellulare; metodo APW (augmented plane wave); metodo KKR; metodo OPW (orthogonalized plane wave); e metodo degli pseudopotenziali.

Finora abbiamo considerato lo spin elettronico come completamente inerte dal punto di vista dinamico. Di fatto, però, un elettrone che si muove attraverso un campo elettrico, come quello dovuto al potenziale periodico V(r), risente l’effetto di un potenziale che dipende dal campo elettrico, dalla sua velocità e dal suo momento magnetico di spin. Questa interazione aggiuntiva viene indicata come accoppiamento spin-orbita. Questo è importante nel calcolo dei livelli NFE specialmente in punti dello spazio-k di alta simmetria, perchè può capitare che livelli rigorosamente degeneri in assenza di accoppiamento spin-orbita vengano splittati da questo effetto.

 

 

Curve E(k) in tre dimensioni

Per rappresentare la struttura a bande in tre dimensioni esistono molte complicazioni. Si usa generalmente riportare in grafico, nella zona ridotta, i valori En(k) contro k lungo particolari linee dello spazio-k, che congiungono punti situati in diverse posizioni della prima zona di Brillouin [vedi Figura, (a) reticolo bcc, (b) reticolo fcc]. Ad esempio, il punto G corrisponde sempre a k = 0.

 

Un esempio di grafico E(k) in 3D, per un reticolo fcc, è mostrato nella Figura seguente. Pur essendo le curve costruite col più semplice modello dell’elettrone libero, il diagramma risulta complesso.

Le energie sono rappresentate lungo linee nella prima zona di Brillouin che congiungono i punti G, K, L, W e X. Le linee orizzontali rappresentano i livelli di Fermi per diversi numeri di elettroni per atomo per cella primitiva.

Le etichette associate ai punti della prima zona di Brillouin hanno utilità anche come riferimenti di orientazione nello studio sperimentale delle superfici di Fermi. Esistono molti metodi sperimentali per determinare la superficie di Fermi. Uno dei più semplici e generali è la tecnica di de Haas-van Alphen (dHvA), in cui si misurano le oscillazioni del momento (dia-) magnetico di un campione metallico in funzione del campo magnetico, H.

In Figura sono mostrati diversi aspetti dello studio della superficie di Fermi per il rame (fcc). Si vede in (a) la prima zona di Brillouin con indicati alcuni punti significativi; in (b) è riportata la sezione (110), indicata già in (a). Il cerchio tratteggiato rappresenta una sfera di volume metà di quello della zona. E’ vicino al punto L ma ancora ben discosto dal punto X. Cu metallico ha un elettrone libero per atomo e quindi la prima zona dovrebbe essere semi-occupata. Tuttavia la sfera di Fermi è fortemente perturbata vicino al punto L. Ne risulta la formazione di "colli" vicino al punto L, come si vede in (c), a dare, per ripetizione, lo schema (d).

 

 

L’approssimazione ‘Tight binding’

Abbiamo fin qui trattato il caso di elettroni liberi o quasi liberi. Le autofunzioni in questi approcci sono funzioni di Bloch la cui forma è dettata dalla simmetria traslazionale del reticolo. Possiamo ora chiederci come trattare elettroni che sono legati fortemente agli ioni o atomi del reticolo. La risposta è: si possono trattare in modo molto simile all’approccio NFE. Ciò conduce alla approssimazione ‘tight binding’, in cui gli stati monoelettronici in un cristallo mantengono approssimativamente il loro comportamento atomico, perchè le interazioni degli stati elettronici di un atomo con quelli degli atomi vicini sono relativamente piccole. La ragione è che questi elettroni di valenza si trovano in buche di potenziale profonde, e non sono quindi liberi come ad esempio gli elettroni di valenza del sodio. E’ il caso degli elettroni nd dei metalli di transizione e ancora di più degli elettroni nf di lantanidi e attinidi. L’approssimazione tight binding è particolarmente utile per elettroni d, per gli elettroni interni e per gli elettroni negli isolanti.

Prendiamo f(r) come un autostato di un atomo isolato, con autovalore E0, per esempio uno stato s. L’assunto di base è che la sovrapposizione di questo stato atomico f(r) con i vicini sia modesta, e che l’energia potenziale extra sentita dagli elettroni nel cristallo sia piccola rispetto all’energia potenziale atomica. L’operatore Hamiltoniano per l’elettrone è del tipo H = Hatomo + Hcristallo; f(r) è una autofunzione di Hatomo con autovalore E0. L’effetto cristallino, Hcristallo, è trattato come una perturbazione.

Assumiamo che gli atomi occupino i nodi di un reticolo tm. Quando un elettrone è vicino all’atomo a tm = 0 la sua autofunzione è approssimativamente data da f(r). In modo analogo quando l’elettrone è vicino all’atomo posto nel nodo tm del reticolo la sua funzione d’onda è approssimativamente f(rtm). (Questo argomentare dovrebbe essere ben familiare ai chimici: nelle molecole è l’approccio del metodo degli orbitali molecolari.) Quindi, la funzione d’onda di un elettrone nell’intero cristallo sarà

yk(r) = å m Ckm f(r - tm)

 

essendo la somma estesa su tutti i nodi reticolari. Questa funzione è una combinazione lineare di orbitali atomici (LCAO). Poichè la funzione deve rispettare il teorema di Bloch, prenderemo Ckm = N-1/2 exp(ik.tm), dove N è il numero di atomi nel cristallo:

yk(r) = N-1/2 å m exp(ik.tm’) f(r - tm)

 

Quello che seguirà ora sarà di esaminare gli sviluppi del metodo MO-LCAO applicato ai solidi. 

Un grande sforzo in questa direzione, utile certamente per avvicinare i chimici allo studio dei solidi, appannaggio in precedenza quasi esclusivo dei fisici, è stato fatto da un gruppo di chimici teorici guidati da Roald Hoffmann (Premio Nobel per la Chimica nel 1981). 

Questi ricercatori, ed altri, utilizzando metodi semi-empirici di calcolo, del tipo extended-Hückel, hanno affontato numerosi aspetti della chimica dei sistemi estesi sia dal punto di vista teorico che per potenziali applicazioni.

Seguiremo uno sviluppo che è largamente tratto da svariati articoli e libri di Hoffmann, e di altri ricercatori del gruppo, quali Burdett e Whangbo. Cito solo due delle opere, che mi sono sembrate particolarmente importanti per la presente parte del corso:

- R. Hoffmann, Solids and surfaces - A Chemist’s view of bonding in extended structure, VCH Publishers, 1988.

- J. K. Burdett, Chemical bonding in solids, Oxford University Press, 1995.