Ossidi metallici

 

Tra le varie classi di composti che si possono studiare utilizzando l’approccio della teoria delle bande, la numerosissima famiglia degli ossidi metallici è certamente di grande interesse, sia dal punto di vista teorico, sia per la varietà delle loro possibili applicazioni come materiali elettronici (vedi Tabella).

Proprietà elettroniche di ossidi e solfuri

Materiali metallici           Composti 3d: TiO, CrO2, TiS, CoS2, CuS2
  Composti 4d: NbO, MoO2, RuO2
 

Composti 5d: ReO3, AxWO3

Semiconduttori o isolanti

 

Composti 3d: MnO, CoO, NiO, Fe2O3, Cr2O3, MnS, MnS2, FeS2

  Composti 4d e 5d: MoO3,WO3, Nb2O5, Rh2O3

Materiali con transizione metallo – non metallo

Composti 3d: V2O3, VO2, V3O5, V4O7, V6O12, Ti2O3, Ti3O5, NiS, CrS, FeS, NiS2
  Composti 4d: NbO2
  Composti 4f: EuO, SmS
Materiali con transizione a superconduttore      TiO, NbO, LiTi2O4, NbS2, Pb0.9Mo6S8, YBa2Cu3O7

 

Abbiamo già visto come sia possibile tracciare un grossolano schema qualitativo delle densità degli stati per un ossido come TiO2.

La densità degli stati calcolata per un ossido MO di un metallo di transizione con struttura tipo salgemma (precisamente per TiO) è illustrata nella seguente Figura.

 

 

 

Per capire lo schema conviene considerare, in prima istanza, solo il legame s tra primi vicini. Sia il metallo che l’ossigeno possono usare gli orbitali di tipo s, (n+1)s e 2s, e di tipo p, (n+1)p e 2p, per i legami s. Inoltre, il metallo dispone di orbitali nd eg (z2, x2-y2) disponibili per il legame s

Le interazioni energetiche principali riguardano gli orbitali s-p sui due centri, con minori contributi M(d)-O. In questo modello gli orbitali metallici t2g restano non leganti s(M-O). 

Includendo però le interazioni coi secondi vicini questi orbitali risultano implicati nella formazione di legami metallo-metallo (Figura).

 

La distanza metallo-metallo r(M-M) è esattamente √2 r(M-O) e, con anioni piccoli come gli ossidi, può risultare corta. Inoltre, nel caso di metalli della parte sinistra della transizione, gli orbitali d sono più espansi che nei metalli della parte destra, per via della minore Zeff

Gli orbitali t2g generano bande attraverso queste sovrapposizioni, che hanno carattere metallo-metallo legante nella parte inferiore e metallo-metallo antilegante in quella superiore. 

I livelli t2g sono anche implicati in interazioni di tipo p con livelli pieni dell’ossigeno di opportuna simmetria. La struttura a bande sarà costituita come illustrato in Figura.

Nella densità degli stati di TiO prima illustrata si può notare che le bande t2g ed eg si sovrappongono. Può esistere anche il caso (Figura) in cui queste bande non si sovrappongono, generando un semiconduttore per la configurazione d6

La presenza o meno di un gap dipende dall’entità relativa delle interazioni s e p M-O ed M-M.

 

Importanza delle interazioni elettrone-elettrone

 

Prima di procedere all’analisi della struttura elettronica di altri materiali è necessario riconsiderare la situazione degli elettroni nei solidi.

La teoria delle bande è una teoria monoelettronica, che considera il movimento di particelle indipendenti soggette alla statistica di Fermi-Dirac. In questo modello, nella versione più semplice, si assume sostanzialmente che la repulsione elettronica possa essere rappresentata usando un potenziale medio effettivo. Nei metalli questo funziona molto bene data l'alta mobilità degli elettroni e le elevate proprietà di schermo. Questo non è più vero in sistemi a bande molto strette dove la concentrazione di elettroni di conduzione è molto bassa. In questi casi la correlazione elettronica diviene assai importante: questo termine infatti descrive in che modo gli elettroni si evitano l'un l'altro per ridurre al minimo la loro interazione repulsiva.

Nel modello a bande l’energia U necessaria per trasferire un elettrone di valenza da un sito ad un orbitale occupato su un altro sito equivalente è piccola se confrontata con l’ampiezza della banda W, cioè U << W. Nel caso limite U = 0.

In alternativa alla teoria delle bande, quando le interazioni interatomiche sono deboli e gli elettroni sono legati fortemente al guscio atomico, può essere preferibile l’uso di un modello localizzato della struttura elettronica di un solido. Gli elettroni localizzati sono caratterizzati da grandi valori di U e piccoli valori di W, cioè U >> W.

Quando U ~ W abbiamo una terza possibilità, cioè una situazione nel solido con elettroni fortemente correlati.

Gli elettroni s e p esterni, debolmente legati al core e fortemente interagenti con gli atomi vicini, sono ben descritti dal modello a bande. All’opposto, gli elettroni 4f delle terre rare, che sono schermati nei confronti degli atomi vicini dagli elettroni degli strati 5s-5p, sono sempre localizzati nei solidi e vengono descitti opportunamente da modelli locali, come la teoria del campo dei leganti. Bisogna sottolineare che gli elettroni 4f sono localizzati perfino nei metalli delle terre rare, a indicare che la conduttività elettrica non è sempre indice di delocalizzazione.

Gli elettroni d più esterni dei composti dei metalli di transizione hanno comportamento intermedio; nei complessi inorganici dei metalli di transizione gli elettroni d sono localizzati, e vengono descritti dalla teoria del campo dei leganti. Negli ossidi dei metalli di transizione e materiali simili incontriamo comportamenti sia da elettroni localizzati che itineranti. Come abbiamo visto, nei metalli di transizione gli elettroni sono itineranti, occupando bande d strette sovrapposte a larghe bande s-p.

Il semplice modello a bande con cui abbiamo sopra descritto la struttura elettronica di un ossido di tipo MO potrebbe far pensare che qualunque composto con orbitali d parzialmente pieni possa avere comportamento metallico. Questo non è universalmente vero, anzi, ogni chimico sa bene che la grande maggioranza degli alogenuri, così come molti ossidi e altre specie con anioni meno elettronegativi, formano solidi non-metallici, che spesso presentano proprietà magnetiche e spettroscopiche ricollegabili alla presenza di livelli incompleti

Esiste una classe di solidi cristallini, noti come isolanti di Mott, le cui proprietà elettroniche contraddicono radicalmente la teoria elementare delle bande. Esempi tipici di isolanti di Mott sono MnO, CoO e NiO, con struttura del salgemma. Ad esempio, NiO è un solido verde, che mostra transizioni d-d associate con lo splitting dei livelli 3d dovuto campo dei leganti ottaedrico, come nel caso dello ione isolato [Ni(H2O)6]2+. Le proprietà magnetiche indicano la presenza di due elettroni spaiati su ogni Ni2+, anche se nel solido vi è una interazione magnetica molto forte tra ioni vicini che porta a un ordine antiferromagnetico degli spin a temperature inferiori (spin-density waves). In composti come questo gli orbitali d sembrano essere localizzati piuttosto che formare una banda di conduzione come nei composti metallici. E’ generalmente accettato che la ragione per il comportamento non-metallico consiste nella forte repulsione elettronica tra elettroni negli orbitali d.

Nei monossidi dei metalli di transizione, TiO-NiO (3d2~3d8), i livelli d sono parzialmente pieni, ma solo TiO e in qualche misura VO si comportano da conduttori metallici. Gli ossidi stechiometrici MnO, CoO e NiO sono tutti buoni isolanti, con ordine antiferromagnetico. La natura isolante di FeO può essere razionalizzata assumendo che la sottobanda t2g sia completamente piena per la configurazione 3d6 (a basso spin), ma per gli altri ossidi (MnO, CoO, NiO) non vi è spiegazione nell’ambito della teoria elementare delle bande. Solo la teoria delle bande modificata per tener conto delle correlazioni elettroniche e delle interazioni elettrone-fonone riesce a prevedere uno stato isolante a bassa temperatura per alcuni di questi ossidi.

Sir Nevill Francis Mott,  (1905 - 1996) era un fisico inglese che vinse il Premio Nobel per la Fisica nel 1977 per il suo lavoro sulla struttura elettronica di sistemi magnetici e disordinati, in particolare semiconduttori amorfi

Simili problemi si riscontrano per gli ossidi in altre strutture. Klemer (1961) ha previsto teoricamente che i sesquiossidi con la struttura del corindone (a-Al2O3) dovrebbero essere isolanti con 1, 3 o 5 elettroni d per catione: le proprietà elettriche di Ti2O3(3d1), Cr2O3 (3d3) e Fe2O3 (3d5) confermano queste previsioni, salvo che Ti2O3, diventa conduttore metallico sopra 400 K.

 

Il modello di Hubbard

Come accennato, la correlazione elettronica gioca un ruolo fondamentale nel determinare la struttura elettronica di molti solidi, specialmente contenenti elementi d o f. Il trattamento esatto della correlazione è assai complesso. 

Hubbard (1963) suggerisce di trattare la correlazione in termini del parametro U. L’idea di Mott e Hubbard è stata quella di trascurare la repulsione tra gli elettroni salvo quando questi sono sullo stesso centro. (vedi link)

Il punto di partenza del modello consiste nel calcolo (approssimato) del gap di banda in un solido ionico. 

Come abbiamo visto, questo comporta che si tengano in considerazione diversi termini a partire dagli ioni liberi, come illustrato in Figura per l’isolante magnetico NiO, con la struttura di NaCl.

Precisamente, bisogna tener conto di un potenziale di Madelung, che è attrattivo nei siti anionici e repulsivo nei siti cationici: il gap ha il segno corretto ma è troppo grande quando calcolato in questo modo. 

Bisogna quindi considerare l’effetto della polarizzazione, che si verifica ogni volta che della carica elettrica viene mossa nel reticolo.

Gli effetti della polarizzazione possono venire calcolati in modi che vanno dai metodi quantistici ab initio sino a modelli empirici semplici. Semplici argomenti elettrostatici mostrano che una carica q distribuita su una sfera di raggio R, è stabilizzata quando è posta in un continuo con costante dielettrica e secondo la seguente espressione:

DE(polarizzazione) = (-q)2 /8peR (1-1/e)

Un valore tipico calcolato per una unità di carica in un ossido è circa 2 eV. L'effetto della polarizzazione è, come sappiamo, quello di stabilizzare l'energia dei livelli vuoti (metallo) e di destabilizzare l'energia dei livelli pieni (ossigeno). Bisogna infine considerare l’effetto dovuto al campo dei leganti (CFSE) e l’allargamento dei livelli in bande.

A differenza di un ossido pre-transizionale, come MgO, in cui l’unico processo di trasferimento di carica energicamente accessibile è dalla banda 2p(O) alla banda 3s(Mg)

Mg2+ + e- ® Mg+

nel caso del Ni, bisogna considerare due importanti termini energetici. Uno è l’energia necessaria per rimuovere un elettrone dal nickel

Ni2+ ® Ni3+ + e- 3dn ® 3dn-1

e l’altro è l’energia necessaria per aggiungere un elettrone a uno ione

Ni2+ + e- ® Ni+ 3dn ® 3dn+1

Per gli ioni liberi la differenza energetica tra questi processi è la differenza tra il terzo e il secondo potenziale di ionizzazione (circa 15 eV per i metalli della prima transizione). Questo valore rappresenta, da un altro punto di vista, l’energia necessaria per rimuovere un elettrone da uno ione Ni2+ e trasferirlo su un altro ione

2Ni2+ ® Ni3+ + Ni+

L’origine di questa energia è la repulsione elettronica che nasce aggiungendo un elettrone extra ad uno ione. E’ chiaro che un insieme di ioni in fase gassosa non formerebbe un conduttore elettronico, pur avendo livelli d solo parzialmente occupati per via della grande energia repulsiva da vincere per trasferire elettroni. Nel solido l’effetto soprattutto della polarizzazione riduce notevolmente questo gap energetico. Dopo aver incluso la polarizzazione l’energia repulsiva, rappresentata dalla differenza energetica tra i livelli 3d (top della banda d piena e livello vuoto più basso) è detta U di Hubbard, e l’effetto della repulsione nel causare un gap di banda è detto splitting di Mott-Hubbard.

La Figura precedente mostrava il gap di banda finale Eg, che è più piccolo di U di una quantità che dipende dall’ampiezza delle bande d. Va sottolineato che la determinazione del gap di banda negli ossidi è difficile con tutti i metodi e gli approcci teorici. Gli orbitali 3d sono piuttosto contratti e la banda corrispondente è molto stretta ad indicare una forte localizzazione. In molti casi la banda d superiore si sovrappone probabilmente con la banda 4s. Il gap di banda (3.8 eV), molto più piccolo che in MgO, deriva dal fatto che l’ampiezza delle bande d è insufficiente a superare la energia repulsiva U di Hubbard. Il sistema è ancora un isolante, ma magnetico per via del fatto che il Ni è in configurazione 3d8 (in campo ottaedrico debole ® t2g6eg2).

I valori relativi di U e di W determinano la struttura elettronica dei composti dei metalli di transizione. Purtroppo non è facile determinare valori ragionevoli di U. Il modello di Hubbard tiene in considerazione solo gli orbitali d dei metalli di transizione (modello ad una banda singola). Lo schema è molto qualitativo e ci sono forti indicazioni che la banda 2p degli ossigeni sia a più alta energia in modo da sovrapporsi con i 3d del Ni. Si può verificare addirittura che il più alto livello occupato (banda di Hubbard inferiore) sia in realtà a maggior carattere p dell’ossigeno che non a carattere d metallico (si parla in questo caso di isolanti di charge-transfer inveche che di isolanti di Mott). Sarebbe anche necessario in certi casi tener in conto la presenza di valenza mista di un metallo (ad esempio Cu2+/Cu3+). In ogni caso la separazione dei livelli 3d e le corrispondenti transizioni sono una caratteristica di tutti gli isolanti magnetici.

Secondo il modello di Hubbard, il band gap dipenderà dalla repulsione tra gli elettroni nei livelli d parzialmente occupati. Per NiO ciò corrisponde al processo:

d8 + d8 ® d9 + d7

L'energia richiesta per ionizzare un Ni2+ e associare un elettrone a un altro ione Ni2+ (d8) dipende dal suo potenziale di ionizzazione, I (cioè l’energia di terza ionizzazione), e dalla affinità elettronica, A (che equivale all’energia di seconda ionizzazione), che a sua volta dipende dalla repulsione nella configurazione d9. La U di Hubbard (prima di tener conto della polarizzazione) si può esprimere come

U = I - A

Il modello è del tutto generale. Se ci si riferisce a una catena di atomi di idrogeno, per cui I = 13.6 eV e A = 0.8 eV, U = 12.8 eV. Questa è l’energia repulsiva che ostacola il processo di "hopping" in una catena di atomi di idrogeno (Figura).

In un "solido" di questo tipo la conduzione elettrica si può verificare grazie al movimento di un elettrone da un atomo all’altro, ma se l’energia repulsiva di due elettroni posti sullo stesso atomo, U, è grande può nascere una barriera proibitiva al passaggio di corrente e il materiale risulta isolante. Questo è un sistema che richiede una descrizione localizzata, con gli elettroni costretti a rimanere individualmente su un singolo atomo.

L'effetto della repulsione è quello di rendere le bande semipiene isolanti quando l'interazione tra gli atomi è piccola. La situazione cambia quando l'ampiezza delle bande (W) aumenta per via di una maggiore sovrapposizione. Quando W è zero siamo a livello degli atomi isolati. L'energia inferiore, -I, è quella del singolo orbitale occupato. L'energia più alta, -A, è quella di un elettrone aggiunto al solido (vedi Figura).

 

Il gap U (splitting di Mott-Hubbard) mostra l'energia necessaria per eccitare un elettrone dalla banda piena a quella vuota. All'aumentare della sovrapposizione o dell'interazione tra gli atomi l’ampiezza di band W aumenta sino a che W e U risultano circa uguali. Al di là di questo limite non c'è più gap e il sistema diventa metallico. Quindi, il semplice confronto tra W e U fornisce una indicazione sul tipo di sistema: W > U = metallo, W < U isolante (magnetico). La transizione da uno stato di isolante magnetico ad uno stato metallico, che si verifica all’aumento del rapporto W/U, è detta transizione di Mott (Mott, 1956).

Esiste una connessione tra il modello di Hubbard e il trattamento elementare localizzato della molecola H2 (Heitler-London), in contrasto col trattamento delocalizzato (metodo MO, Mulliken-Hund), in cui gli elettroni sono ugualmente condivisi. Se i due atomi sono sufficientemente lontani tra loro la descrizione localizzata dello stato fondamentale (H. + H.) è la più appropriata, cioè

Y = 1s1(1)1s2(2) + 1s1(2)1s2(1)

Stati come (H+ + H-) si trovano ad energia superiore, di una quantità corrispondente all’energia di ionizzazione (a dare H+) meno l’affinità elettronica (a dare H-). Poichè il processo complessivo 2H. → H+ + H- porta due elettroni sullo stesso sito, la barriera energetica va identificata con l’energia repulsiva U.

La stretta analogia col modello di Hubbard è chiara: mentre la funzione d'onda MO della molecola diatomica H2

Y = [1s1(1) + 1s2(1)][1s1(2) + 1s2(2)] =

= 1s1(1)1s2(2) + 1s1(2)1s2(1) + [1s1(1)1s1(2) + 1s2(1)1s2(2)]

corrisponde alle funzioni di Bloch della teoria delle bande, il trattamento secondo Heitler-London di H2 ha il suo parallelo nel modello degli elettroni localizzati nei solidi secondo Hubbard. Al diminuire della sovrapposizione orbitalica cresce l’effetto relativo della repulsione elettronica che porta alla completa localizzazione degli elettroni su atomi individuali.

 

Modelli elettronici localizzati

Il trattamento degli elettroni localizzati corrisponde all’approccio del campo dei leganti. Il modello assume che un cristallo sia composto di un insieme regolare di ioni indipendenti fissati ai siti reticolari, con sovrapposizioni di orbitali atomici molto piccole.

 Quando le interazioni interatomiche sono piccole, gli effetti legati allo scambio intraatomico (regola di Hund) e le interazioni elettrone-fonone favoriscono il comportamento localizzato degli elettroni. Questo fa aumentare il tempo di rilassamento da circa 10-15 s in un metallo normale a 10-12 s, che è l’ordine temporale richiesto per una vibrazione reticolare di un cristallo polare.

Poichè ne abbiamo già parlato e svolgono un ruolo fondamentale nello studio delle proprietà dei solidi, chiariamo ora brevemente il concetto di fononi.

Fononi. L’energia di un modo collettivo vibrazionale, di frequenza n, di un reticolo cristallino è un multiplo intero di hn al di sopra della sua energia di punto zero. L’energia di eccitazione nhn può essere interpretata che se corrispondesse alla presenza di n particelle, ciascuna di energia hn. Queste ipotetiche particelle (quasiparticelle) sono i fononi del reticolo. Un fonone è l’analogo meccanico di un fotone, cioè un quanto di vibrazione reticolare.

In un solido esistono fononi di diversa frequenza (proprio come nel campo elettromagnetico vi sono fotoni di diversa frequenza). Come per la radiazione elettromagnetica, i fononi in un solido possono essere polarizzati; come esistono fononi trasversali, corrispondenti a spostamenti degli atomi del reticolo perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda, si possono avere fononi longitudinali, in cui lo spostamento degli atomi è lungo la direzione di propagazione, come in un’onda sonora.

Una ulteriore classificazione dei fononi si applica al caso dei solidi ionici, in cui i moti collettivi dei sottoreticoli anionico e cationico possono essere in-fase o fuori-fase tra loro. Se tutti i componenti della cella unitaria non si muovono relativamentre tra loro, la vibrazione è in un modo acustico. Tutte le altre vibrazioni sono in modi ottici. Quest’ultimo nome deriva dalla modulazione del momento di dipolo del reticolo durante i movimenti fuori-fase dei due sottoreticoli, e dal fatto che la radiazione elettromagnetica può interagire con questo dipolo oscillante e quindi stimolare quel particolare modo di vibrazione reticolare.

Polaroni. Il modello elettronico localizzato ha il vantaggio di poter prevedere lo stato fondamentale isolante di questi solidi. A temperature superiori, però, le interazioni elettrone-fonone ed elettrone-elettrone diventano importanti, specialmente quando le bande sono strette, come nel caso delle bande d. Molti studi sono stati dedicati agli effetti delle interazioni elettrone-fonone sulle proprietà di trasporto degli ossidi metallici.

Un polarone è una distorsione locale in un cristallo ionico o prevalentemente ionico che si forma quando un eccesso di carica in un punto polarizza il reticolo nelle sue vicinanze. Quindi, un elettrone che si muove nella banda di conduzione di NaCl provoca un movimento di avvicinamento dei cationi e di allontanamento degli anioni. Quando l’elettrone si muove nel reticolo è accompagnato da questa distorsione.

La forza dell’interazione elettrone-reticolo determina la massa effettiva degli elettroni. Se è sufficientemente grande i portatori di carica si muovono accompagnati dalla polarizzazione loro associata (piccoli polaroni). La mobilità risulta piccola e termicamente attivata. In presenza di campo elettrico si verifica una diffusione preferenziale degli elettroni che origina una corrente netta. Un tale hopping di polaroni si incontra in composti con lo stesso catione in più di uno stato di valenza (e.g. Fe3O4). Se l’interazione elettrone-reticolo è piccola il movimento degli elettroni risulta poco disturbato (grandi polaroni).

 

 

Struttura elettronica dei lantanidi

 

La struttura elettronica dei lantanidi è un buon esempio di situazione descrivibile col modello di Hubbard.

Esaminiamo questi sistemi prima di passare ai metalli di transizione, nei quali l'ampiezza delle bande W e la repulsione elettronica U sono spesso in competizione, dando un comportamento complesso.

La chimica degli elementi detti terre rare, lantanidi e attinidi, è determinata dalla presenza di orbitali f (l = 3) parzialmente occupati. Una delle possibili forme reali di questi orbitali è illustrata in Figura.

 

I lantanidi hanno configurazione elettronica (n-2)fx (n-1)d1(n)s2. Essi sono:

La, Ce, Pr, Nd, Pm, Sm, Eu, Gd, Tb, Dy, Ho, Er, Tm, Yb

 

Lo strato 4f si riempie progressivamente da La a Yb. Gli orbitali 4f sono fortemente contratti ed hanno una sovrapposizione molto piccola con altri orbitali. Questo è vero in particolare spostandosi a destra nella serie per il solito effetto di crescita della carica effettiva. L'occupazione differente dello strato 4f ha poca influenza sugli stati di ossidazione, e tutti gli elementi, da La a Yb mostrano una netta preferenza per il numero di ossidazione +3, sia negli acquo-ioni che nei composti solidi. Alcuni elementi presentano anche gli stati +2 e +4.

Numerose evidenze sperimentali mostrano una elevata localizzazione degli orbitali 4f. Le suscettività magnetiche dei composti sono praticamente le stesse degli ioni liberi. Gli effetti di campo dei leganti, misurabile negli spettri ottici, sono piccolissimi, almeno cento volte inferiori che nei metalli d (segno di un trascurabile overlap dei 4f con orbitali dei leganti). 

Nei lantanidi invece possono verificarsi splitting dei 4f dovuti ad accoppiamenti spin-orbita di entità maggiore di quelli dovuti al campo cristallino. Con forse la sola eccezione del Ce, le ampiezze di banda degli orbitali 4f nei lantanidi sono trascurabili (W ~ 0). Per questo la serie dei lantanidi fornisce un buon esempio di applicabilità del modello di Hubbard.

Nei composti solidi i lantanidi assumono una configurazione 4fn corrispondente a uno ione del tipo Ln3+ (Ln = generico lantanide). L'energia richiesta per muovere un elettrone nel solido corrisponde al processo

2Ln3+ → Ln2+ + Ln4+

il che corrisponde a

2 4fn → 4fn+1 + 4fn-1

Per ioni liberi l’energia di questo processo è data dalla differenza tra il quarto e il terzo potenziale di ionizzazione

U = I4 - I3

con valori di U intorno a 25 eV. Nei solidi essi saranno ridotti dagli effetti di polarizzazione, pur rimanendo grandi.

La posizione degli orbitali 4f può essere ricavata sperimentalmente mediante spettroscopia di fotoemissione diretta e inversa utilizzando fotoni di energia nei raggi X. Gli orbitali 4f, anche nei metalli, possono essere talmente localizzati da non contribuire al legame (nessuna sovrapposizione). Il legame metallico nei lantanidi deriva dalla sovrapposizione degli orbitali 5d e 6s, assai più diffusi, benché vicini in energia ai 4f. Pertanto, gli spettri di fotoemissione dei livelli 4f possono essere interpretati in termini di livelli atomici localizzati.

Lo spettro di fotoemissione (PES) diretta e inversa del Gd mostra le bande 4f (Figura).

Nella PES diretta un elettrone viene ionizzato e quello che si misura è la binding energy, che lega l'elettrone al solido (un potenziale di ionizzazione interno)

4fn → 4fn-1

Nello spettro PES inverso un elettrone viene aggiunto al solido e l’energia che si misura corrisponde al processo

4fn → 4fn+1

In Figura i due spettri sono allineati al livello di Fermi, dove finisce lo spettro di fotoemissione e inizia lo spettro inverso, che mostra i livelli vuoti. Quindi la separazione tra i picchi 4f nello spettro corrisponde all'energia necessaria per rimuovere un elettrone da un 4f e metterlo in un altro orbitale 4f, vale a dire U. Il valore di U per il Gd risulta di 12 eV, circa la metà rispetto allo ione libero.

I valori di U per gli orbitali 4f nei lantanidi sono sempre maggiori di 4 eV e in alcuni casi di 10 eV (Figura). 

Le ampiezze delle bande 4f, difficili da misurare, sono sempre molto strette (< 0.1 eV). Chiaramente la forte localizzazione è dovuta al fatto che U > W.

I valori U dei lantanidi metallici mostrano un andamento piuttosto irregolare (vedi Figura), che riflette quello dei potenziali di ionizzazione degli ioni gassosi. In particolare riflette le differenze nella repulsione che si hanno all’ aumentare dell’ occupazione dello strato 4f.

Quando lo strato 4f è parzialmente occupato da 7 elettroni, 4f7, questi si dispongono con gli spin paralleli per massimizzare l'energia di scambio (regola di Hund della massima molteplicità). Gli elettroni successivi sono costretti ad accoppiarsi, riducendo la stabilità delle configurazioni. Valori particolarmente elevati di U si hanno per Gd e Eu, con stato fondamentale proprio di tipo 4f7. In questi elementi un elettrone viene rimosso da una configurazione con massima stabilità (massimo scambio), un effetto che non si ha negli altri lantanidi.

 

Il modello di Hubbard applicato ai composti dei metalli di transizione

Gli orbitali d nei metalli e nei composti degli elementi di transizione si sovrappongono maggiormente degli orbitali 4f dei lantanidi. In molti casi la banda d è sufficientemente ampia da compensare la repulsione elettronica (W ≥ U).

Questo è il caso degli elementi metallici d, come risulta dal confronto dello spettro PES del Gd metallico con quello di alcuni metalli di transizione, Fe, Co, Ni, e Cu (Figura).

Nei metalli di transizione le bande occupate e vuote di tipo d si incontrano al livello di Fermi e non si osserva nessuna separazione del tipo Mott-Hubbard. In queste condizioni (U < W) è giustificata l’applicazione della teoria delle bande.

Benché non sufficiente ad "aprire" le bande, la repulsione elettronica nei metalli d ha una certa influenza e determina le caratteristiche proprietà magnetiche dei metalli alla fine della serie (Fe, Co, Ni), che abbiamo descritto.

 

In molti composti dei metalli di transizione la banda d è piuttosto stretta e spesso si osserva una separazione di Mott-Hubbard, con elettroni localizzati. La competizione tra delocalizzazione e localizzazione comporta che si possono osservare diversi comportamenti, da metallico a isolante all’interno di una stessa categoria di composti.

Negli ossidi del tipo MO con M = Ti, V, Mn, Fe, Co e Ni, si va da comportamento metallico a isolante o semiconduttore.

Per gli ioni metallici isolati U = (I3 – I2) vale circa 15 eV. Nel solido, anche se è difficile stimare il valore di U esatto, questo si riduce a circa 3-5 eV per molti composti. In un ossido non-metallico l'ampiezza della banda d è insufficiente a compensare la separazione di Mott-Hubbard (U > W). Misure di fotoemissione mostrano che W dei 3d in MnO e NiO è di circa 1 eV.

Il gap tra le bande, Eg, ha quindi una natura completamente diversa in NiO rispetto a un ossido semplice come MgO. I livelli più alti occupati negli ossidi dei metalli di transizione sono i 3d e le eccitazioni nel band gap sono da un orbitale 3d occupato su un catione a un orbitale 3d vuoto su un catione vicinale.

La separazione dei livelli 3d è dovuta come noto al campo cristallino. In MgO invece le eccitazioni nel gap sono dai 2p degli ossigeni ai 3s dei cationi. Queste transizioni, O 2p a metallo 4s, possono essere misurate anche negli ossidi dei metalli di transizione, ma occorrono a ben più alte energie delle transizioni d-d.

Schematicamente, la situazione negli ossidi MO dei metalli della prima transizione è mostrata in Figura.

Si nota, innanzitutto, che c'è una stabilizzazione dei livelli 3d al crescere della carica nucleare, quindi spostandosi da sinistra a destra nella serie, con una interruzione in corrispondenza del Mn2+(3d5) per via della stabilità dovuta alla elevata energia di scambio. La posizione dei livelli 3d in FeO è di particolare importanza per comprendere la chimica di questo ossido. Infatti tutti questi ossidi contengono un elevato numero di difetti e sono spesso non stechiometrici. Le strutture mostrano vacanze cationiche compensate da una ossidazione di alcuni ioni da M2+ a M3+. Questo è molto più facile in FeO che negli altri ossidi e infatti la fase wustite di FeO non è mai stechiometrica, ma sempre deficiente in ferro.

La Figura precedente mostra anche cosa accade quando la banda d diventa più ampia. Le bande piene e vuote si sovrappongono, come in TiO (che abbiamo già visto), come conseguenza del fatto che W > U. La formazione di una banda ampia deriva sia dal carattere più diffuso degli orbitali 3d all'inizio della serie di transizione, sia da una elevata concentrazione di difetti. E' stato suggerito che un altro fattore che contribuisce a dare una banda 3d larga è la prossimità della banda 4s del metallo e il parziale mescolamento delle due bande.

Alcuni criteri generali per caratterizzare la struttura elettronica di queste specie e i fattori che influenzano maggiormente U e W e quindi il carattere dell'ossido:

· Posizione nella serie. Orbitali d più diffusi danno W grande e U piccolo. Questo accade all'inizio della prima serie di transizione e per gli elementi della seconda e terza serie.

· Stato di ossidazione. Bande d ampie derivano da sovrapposizione diretta metallo-metallo o attraverso formazione di legami covalenti con gli anioni. Il primo caso è favorito da stati di ossidazione bassi (es. TiO), il secondo da stati di ossidazione molto alti (es. ReO3, LaNiO3).

· Tipo di anione. Quando l'ampiezza della banda d deriva dal legame covalente in genere aumenta con anioni di bassa elettronegatività (minore separazione di carica). Quindi la maggior parte degli alogenuri hanno elettroni localizzati, poi vengono gli ossidi e infine i solfuri.

· Configurazione elettronica. Si è visto che configurazioni atomiche ad alto spin danno un contributo extra al valore di U. Questo è il caso di Mn2+. Infatti, mentre molti solfuri di metalli di transizione hanno la struttura di NiAs, con carattere metallico, MnS ha la struttura di NaCl ed è non metallico (U > W).

· Altri cationi. Composti ternari come le perovskiti (ABO3) hanno altri cationi presenti nella struttura. Se A è un metallo avrà livelli vuoti ad energia assai più alta dei livelli d e la sua influenza sulla struttura elettronica sarà piccola. Metalli di post-transizione possono avere orbitali s alla stessa energia dei d per cui l'interazione che ne segue porta a un ampliamento delle bande. Pertanto, in Y2Ru2O7 il Ru4+ ha una configurazione (d4) localizzata, mentre Bi2Ru2O7 è metallico.

 

Va infine ricordato che alcuni composti di elementi di transizione sono non metallici per ragioni che non hanno a che vedere con la localizzazione, ma piuttosto con la separazione dei livelli d indotta dal campo cristallino. I gap in questi composti sono anche dovuti alla repulsione ma derivano principalmente da effetti di legame chimico.