Difetti estesi

Come è stato già detto all’inizio di questa parte, esistono numerosi tipi di difetti estesi (di linea, di piano, di volume). Esamineremo i principali, tenendo conto dei fenomeni che maggiormente possono interessare la chimica dello stato solido.

 

Piani di taglio cristallografico (Crystallographic Shear planes-CS)

E’ noto da molto tempo che certi ossidi di metalli di transizione si potevano preparare in un ampio range di non stechiometria. Si tratta precisamente degli ossidi WO3~x, MoO3~x, TiO2-x e altri. Grazie alle ricerche di Magneli, ci si rese conto che in questi sistemi, invece della formazione di soluzioni solide continue, si aveva a che fare con una serie di fasi strettamente collegate tra loro, con formule e strutture molto simili.

Nel rutilo deficiente di ossigeno si ha una serie omologa di fasi di formula TinO2n-1 con n = 3... 10. Quindi, Ti8O15 (TiO1.875) e Ti9O17 (TiO1.889) sono due fasi fisicamente distinte.

I fondamenti strutturali su cui si basano queste fasi furono elucidati da Magneli, Wadsley e altri, e fu coniato il termine ‘crystallographic shear’ per il tipo di difetto implicato.

Nel rutilo deficiente di ossigeno esistono regioni cristalline con la normale struttura del rutilo. Queste sono separate tra loro da piani di ‘taglio cristallografico' (piani CS) che sono sottili lamelle di differente struttura e composizione. Tutte le vacanze di ossigeno sono concentrate in questi piani. Al crescere della riduzione la variazione di stechiometria viene aggiustata aumentando il numero dei piani CS e diminuendo lo spessore dei blocchi di normale rutilo tra piani CS adiacenti.

Per comprendere le strutture CS consideriamo come si formano tali piani per riduzione di WO3 (la rappresentazione è più semplice che nel caso del rutilo).

La struttura di WO3 è un network 3D di ottaedri WO6 collegati per i sei vertici (struttura tipo ReO3, Figura a).

Il primo step nella riduzione porta alla formazione di siti O vacanti e riduzione di W6+ a W5+. I siti O vacanti non sono distribuiti a caso, ma sono tutti disposti su specifici piani del cristallo (Figura a). Come tale la struttura sarebbe instabile, e quindi si verifica un collasso parziale per eliminare le vacanze e dar luogo ai piani CS (Figura b). Il risultato di questo processo di ‘condensazione’ è che gli ottaedri dei piani CS hanno in comune dei lati, mentre in WO3 non ridotto gli ottaedri scambiano solo i vertici. Il piano CS (c) corre obliquamente attraverso la struttura nella direzione indicata.

I piani CS possono essere distribuiti in modo casuale o essere disposti a intervalli regolari. Se sono casuali possono essere considerati come un tipo di difetto planare (difetti di Wadsley, dal cristallografo australiano A. D. Wadsley). Essi causano una variazione continua della composizione, come nel caso dell’ossido di tungsteno, che va da WO3 a WO2.93. Se, però, i piani CS, sono distribuiti in una maniera periodica, non casuale, si deve considerare il materiale come una nuova fase stechiometrica ordinata.

Al crescere della riduzione il numero di piani CS cresce, diminuendo di conseguenza la loro spaziatura.

Rimuovendo progessivamente ioni O2~, si osservano serie di fasi (serie omologhe) caratterizzate da piani CS ordinati e da composizioni che variano progressivamente.

Si conoscono fasi degli ossidì dì tungsteno, di molibdeno, di titanio e di vanadio contenenti piani CS strettamente intervallati.

Esempi di serie omologhe sono riportate sotto:

Tipiche serie omologhe di ossidi con piani CS*

Composto genitore Formula della serie Range di composizione
WO3 WnO3n-1 WO3-WO2.93
WnO3n-2  (n = 20, 24, 25 e 40) WO2.93-WO2.87
MoO3 MonO3n-1 (n = 8, 9) --
MonO3n-2 (n = 18) --
TiO2 TinO2n-1 (3 < n < 10) TiO1.67-TiO1.90
TinO2n-1  (16 < n < ~ 37) TiO1.90-TiO1.9375

*Sistemi con un solo set di piani CS non intersecati

 

Vi possono essere serie diverse per lo stesso composto genitore come conseguenza della diversa orientazione dei piani CS. Per esempio, esistono due serie omologhe con la stessa formula generale TinO2n-1 (una serie con 3 < n < 10 e l’altra con 16 < n < ~ 37), ma l’orientazione dei piani CS è ruotata passando da una serie all’altra di 11.53°. Va notato che nelle forme ridotte di rutilo i piani CS contengono ottaedri TiO6 che mettono in comune delle faccie, mentre nella struttura normale del rutilo gli ottaedri hanno in comune lati.

Una immagine HREM di un piano CS in un ossido WO3-x è mostrata in Figura (a).

Nella parte b della Figura si vedono i gruppi di ottaedri con lati in comune disposti nel piano CS. Per meglio comprendere come i piani CS alterano la stechiometria di WO3 proviamo a stabilire la stechiometria di uno dei gruppi di quattro ottaedri uniti (di colore più scuro).

Il gruppo contiene 4 W e 18 O; di questi 18 O, 14 sono uniti esternamente con altri ottaedri (cioè sono a ponte tra due W, 6 nel piano, 4 sopra e 4 sotto il piano della Figura. Gli altri 4 O sono coinvolti nei legami interni del gruppo. 

La stechiometria complessiva è data simbolicamente dalla somma [ 4W + (14 x ½)O + 4O] , cioè W4O11. L’effetto sulla stechiometria di introdurre questo gruppo in modo ordinato può essere quantificato. Se l’intera struttura fosse composta da questi gruppi la formula sarebbe appunto W4O11 (invece di W4O12 cioè WO3).Se vi è un ottaedro [ WO6] per ogni gruppo [ W4O11] la formula complessiva risulta [ W4O11 + WO3] = W5O14.

 Possiamo estendere questo calcolo per generare tutta una serie, sommando un diverso numero di ottaedri [ WO6] disposti regolarmente fra i gruppi [ W4O11] :

W4O11 + 2WO3 = W6O17 W4O11 + 3WO3 = W7O20

W4O11 + 4WO3 = W8O23

W4O11 + 5WO3 = W9O26
W4O11 + 6WO3 = W10O29 W4O11 + 7WO3 = W11O32

            

La formula base del gruppo W4O11 può essere scritta WnO3n-1 (n = 4) e può essere usata per tutti gli altri membri della serie omologa. Cambiando il tipo di gruppo presente nel piano CS, cambia la serie omologa. 

In Figura è mostrata la struttura di un membro delle serie WnO3n-1, con indicata la cella unitaria. All’interno di essa vi è un gruppo W4O11 e sette ottaedri. Perciò la formula risulta W4O11 + 7WO3 = W11O32.

Le strutture che contengono piani CS sono normarmente studiate mediante la diffrazione a raggi X o mediante HREM. La diffrazione a raggi X su cristallo singolo è, naturalmente, il metodo più potente per caratterizzare le strutture cristalline e, da questo punto di vista, solitamente la microscopia elettronica gioca un ruolo minore; il suo uso è spesso alla determinazione della cella unitaria per cristalli molto piccoli e per studiare i difetti come stacking faults e dislocazioni. 

Tuttavia, la tecnica di ottenimento di immagini dirette del reticolo cristallino in microscopia elettronica è molto utile per gli studi strutturali delle fasi CS. Si può ottenere l’ immagine di una proiezione della struttura a circa 3 Å di risoluzione, che normarlmente si presenta come una serie di frange o linee corrispondenti a file degli atomi metallici più pesanti, che danno la maggior diffrazione. Mentre in un cristallo ‘perfetto’ la separazione delle frange è regolare, in presenza di piani CS si notano irregolarità nelle separazioni. Una coppia di frange con minor separazione del normale può indicare la presenza di un piano CS. Contando il numero di frange in ogni blocco si può risalire alla determinazione di una fase in una serie omologa. Se la struttura di un membro della serie è stata caratterizzata ai raggi X è relativamente semplice dedurre le strutture degli altri membri mediante microscopia elettronica. I difetti di Wadsley (piani CS casuali) possono essere riconosciuti immediatamente come pure molti altri tipi di difetti.

 

Strutture a blocchi

Negli esempi precedenti i cristalli presentavano un singolo set di piani CS paralleli e spaziati regolarmente. Le regioni a struttura normale (non ridotta) sono limitate in strati (Figure).

 

Esistono altre specie, come le forme ridotte di Nb2O5 e degli ossidi misti Nb-Ti e Nb-W, che presentano piani CS disposti in due set ortogonali (ruotati di 90° fra di loro).

Le regioni a struttura regolare (non ridotta, di tipo ReO3) divengono in questi casi, invece che strati infiniti, delle colonne infinite. 

Queste strutture a blocchi (‘block structures’ o ‘double shear’ structures) rappresentano una situazione difettiva di tipo tridimensionale, e sono caratterizzate dalle dimensioni della sezione dei blocchi (espresse in base al numero di ottaedri che scambiano i vertici). 

Vi sono fasi contenenti blocchi tutti uguali e altre più complesse, con blocchi di due o tre diverse dimensioni con disposizioni regolari (vedi Figura).

 Alcuni esempi hanno formule come

 Nb25O62, Nb47O116, W4Nb26O77 e Nb65O161 F3

E’ possibile avere strutture a blocchi diverse per una singola composizione. Nb2O5 per esempio esiste in 14 differenti polimorfi, 10 dei quali possiedono strutture a blocchi. La struttura di H-Nb2O5, il polimorfo più stabile ad alta T, deriva da quella di ReO3 con piani CS ricorrenti in due direzioni quasi ortogonali (Figura sopra). Una immagine reticolare di H-Nb2O5 è mostrata nella Figura seguente. Tra NbO2.4167 e NbO2.5000 sono state identificate numerose strutture a blocchi con blocchi diversi:

 Nb12O29, Nb22O54, Nb47O116 e Nb25O62.

 

 

Colonne pentagonali

 

Come nel caso delle strutture a blocchi anche nel caso delle strutture a colonne pentagonali (PC structures) siamo in presenza di un tipo di difetti tridimensionali. La Figura (a) illustra il tipo di unità di base strutturale, che consiste in un anello pentagonale di cinque ottaedri [MO6]. Queste unità si sovrappongono a dare colonne, che contengono catene -O-M-O-M-. Le colonne si possono disporre ordinatamente all’interno di una struttura estesa tipo ReO3, dando una serie omologa al variare della loro separazione. Un esempio è il composto Mo3O14 (Figura b).

 Il motivo strutturale è presente anche nei bronzi al tungsteno tetragonali. Sistemi basati sul fitting di colonne pentagonali (come nel caso del sistema Ta2O5-WO3) o di blocchi (come nella serie TinO2n-1) possono dare luogo ad una sequenza molto grande di strutture ordinate in corrispondenza ad una variazione quasi continua della composizione. Sono esempi di quelle che vengono dette strutture infinitamente adattabili (Anderson 1973).

 

Crescite interne (Intergrowths)

L’epitassia e il politipismo sono esempi dei fenomeni detti di crescite interne (intergrowths) che avvengono attraverso una interfaccia solido-solido. L’epitassia è di grande interesse tecnologico perchè ha a che fare con la deposizione di strati sottili (single-crystal films) di materiali semiconduttori su un appropriato substrato per l’utilizzo nei circuiti integrati e in devices a stato solido. Esistono molti casi di intergrowth che non cambiano la composizione, come nel politipismo. Il fenomeno può essere ricorrente (periodico) o non ricorrente (disordinato), nel qual caso si conoscono molti esempi che comportano cambio di composizione. Tutti i casi di epitassia sono infatti esempi di interfacce solido-solido che implicano cambio di composizione. Si potrebbero, in linea di principio, considerare questi sistemi come una classe di strutture modulate in cui le zone di intergrowth rappresentano la perturbazione periodica.

Vi sono molti sistemi in cui il processo è ricorrente su lunghe distanze, che danno luogo quindi a serie omologhe di strutture con celle unitarie grandi.

Un esempio importante di intergrowth ricorrente è quello osservato nei bronzi al tungsteno. Il termine bronzi si applica a ossidi metallici, che hanno un colore scuro, lucentezza metallica e sono o conduttori metallici o semiconduttori.

L’ossido WO3 ha la struttura tipo ReO3 con ottaedri [WO6] uniti per i vertici. Al centro delle celle cubiche del network 3D possono essere ospitati metalli alcalini. Ne derivano specie le cui strutture dipendono dalle proporzioni di metallo alcalino presente.

Vi sono tre tipi di strutture principali: fasi cubiche con i metalli al centro delle celle cubiche (come nelle perowskiti), oppure fasi tetragonali e fasi esagonali (Figura a e b, rispettivamente).

Le proprietà di conduzione elettronica dei bronzi sono dovute al fatto che la compensazione di carica, che si deve fare per la presenza dei cationi alcalini M+, avviene per riduzione di alcuni atomi di tungsteno da +VI a +V.

 

I bronzi esagonali (b) si formano quando il potassio reagisce con WO3 e la composizione del prodotto è nel range K0.19WO3 – K0.33WO3. Se la proporzione di K è minore la struttura consiste regioni di WO3 con crescita interna di strisce ricorrenti della struttura esagonale.

Gli strati di struttura esagonale possono contenere due file di canali esagonali o una sola fila (Figura).

Strutture simili si osservano per bronzi al tungsteno contenenti altri metalli, come Rb, Cs, Ba, Sn, Pb. Una immagine HREM del bronzo con il bario, BaxWO3, è mostrata in Figura e indica chiaramente che si tratta di una specie a file singole di canali.

 

 

 

Stacking faults (Difetti di impilamento)

Questo tipo di difetti (difetti di piano) è comune nei materiali con strutture a strati, specialmente quelli che presentano politipismo.

Il cobalto metallico presenta sia politipismo che difetti di impilamento. Forma due politipi principali, ccp (ABC) o hcp (AB). In questi le strutture in due dimensioni sono uguali, cioè nei piani cp, e differiscono solo nella terza dimensione, cioè nella sequenza degli strati. Si ha disordine di impilamento o di sovrapposizione (stacking faults) quando la normale sequenza viene interrotta dalla presenza di strati ‘sbagliati’, come ad esempio una sequenza .... ABABABABCABABA.... Il Co sopra i 500 °C è ccp mentre, abbassanda la temperatura diventa essenzialmente hcp, (probabilità > 90% di una sequenza corretta AB). In realtà la sequenza è casuale o ricorrente sul lungo periodo.

Anche la grafite presenta politipismo (normalmente è hcp ma talora ccp) e disordine di impilamento.

 

Bordi dei grani e domini antifase

Un tipo di imperfezione presente in moltissimi cristalli considerati ‘singoli’ è la presenza di una struttura a domini o a mosaico. All’interno di ciascun dominio, di dimensioni tipicamente attorno a 104 Å, la struttura è relativamente perfetta, ma all’interfaccia tra i domini vi è una discontinuità strutturale. Questo mismatch può essere molto piccolo e può comportare una differenza angolare dell’orientazione tra i domini di diversi ordini meno di 1°.  Le zone di interfaccia tra i grani sono dette bordi dei grani (grain boundaries), vedi Figura, e possono essere trattate con la teoria delle dislocazioni.

Un altro tipo di interfaccia, un bordo di antifase (antiphase boundary), implica uno spostamento laterale relativo di due parti dello stesso cristallo (vedi Figura per un cristallo AB).

Attraveso l’interfaccia atomi dello stesso tipo si trovano di fronte (A-A o B-B) e viene invertita la sequenza ... ABAB... sulle righe orizzontali.

Il termine antifase deriva dal fatto che, se consideriamo gli atomi A e B come le parti positiva e negativa di un’onda, all’interfaccia si ha un cambio di fase di p. Una conseguenza, determinabile sperimentalmente, è che all’interfaccia la struttura subisce una piccola espansione dovuta alla repulsione tra atomi dello stesso tipo. Ciò è stato osservato ad esempio in leghe come CuAu.

 

 

Cenno alle dislocazioni (e proprietà meccaniche dei solidi)

Le dislocazioni sono una classe molto importante di difetti cristallini. Sono difetti di linea stechiometrici e sono responsabili delle proprietà meccaniche dei solidi (ad esempio, la scarsa robustezza dei metalli puri). Le dislocazioni giocano un ruolo fondamentale in una varietà di fenomeni di stato solido, come, ad esempio, le transizioni di fase, il meccanismo di crescita dei cristalli, sia da soluzioni che da vapori, le reazioni dei solidi (che spesso avvengono su siti attivi superficiali dove emergono dall’interno del cristallo le dislocazioni).

La loro esistenza fu postulata molto prima di ogni evidenza sperimentale, sulla base di diversi tipi di osservazioni:

a) i metalli sono generalmente molto più teneri di quanto previsto. I calcoli, basati sul modello del cristallo perfetto, farebbero prevedere, ad esempio, una resistenza al taglio molto maggiore di quelle reale (circa 104 volte maggiore). Ciò indica la presenza di qualche tipo di ‘legame debole’ nelle loro strutture che porta ad una facile scindibilità.

 

b) molti cristalli ben formati mostrano al microscopio ottico o persino a occhio nudo sulle superfici delle spirali che indicano il meccanismo di crescita cristallina (Figura).

Tali spirali non dovrebbero essere osservate in un cristallo perfetto.

 

c) le proprietà di malleabilità e duttilità dei metalli sono difficili da spiegare senza invocare le dislocazioni. Così, ad esempio, nastri di magnesio metallico possono essere stirati fino a raggiungere una lunghezza diverse volte maggiore di quella originale, quasi come il chewing gum, senza rottura.

 

d) il processo di ‘work-hardening’  dei metalli non si spiega facilmente senza   invocare le dislocazioni.

 

 

La fragilità dei cristalli di buona qualità fu un mistero per molto tempo, soprattutto se confrontata col fatto che cristalli di bassa qualità, contenenti impurezze e difetti, potevano invece presentare maggiore resistenza, vicina ai valori teorici del cristallo perfetto.

La teoria delle dislocazioni fu proposta da tre ricercatori indipendentemente nel 1934 (G.I. Taylor, E. Orowan, G. Polyani) per spiegare i numerosi fatti sperimentali. Le dislocazioni però non furono direttamente osservate per almeno altri 10 anni.

Le dislocazioni appartengono a due tipi estremi, ‘edge’ e ‘screw’, o possono avere ogni carattere intermedio.

 

a) Dislocazioni ‘edge’

Una semplice dislocazione di questo tipo è costituita da un semipiano addizionale di atomi (Figura), cioè un piano di atomi che non si estende sull’intero cristallo. I piani di atomi nella struttura sono mostrati in proiezione come delle linee. Queste linee sono parallele sono parallele salvo che nella regione in cui termina il semipiano aggiuntivo.

 

 

Il centro della regione distorta è una linea che attraversa il cristallo, perpendicolarmente al foglio, in corrispondenza della fine del semipiano. Questa è la linea della dislocazione.

Al di fuori di questa regione distorta il cristallo è essenzialmente normale. La parte superiore (vedi Figura a destra) deve essere un poco più grande per accomodare il semipiano addizionale.

Per comprendere l’effetto delle dislocazioni sulle proprietà meccaniche dei cristalli consideriamo l’effetto dell’applicazione di uno sforzo su un cristallo che possiede una dislocazione ‘edge’ (vedi Figura).

La parte superiore del cristallo è spinta a destra mentre la parte inferiore verso sinistra. Confrontando (a) e (b), il semipiano extra che termina con l’atomo 2 in (a) può effettivamente slittare semplicemente rompendo il legame 3-6 e formando il nuovo legame 2-6 (in realtà sono file di legami nella direzione perpendicolare al foglio). Così, con una minima spesa, il semipiano si è mosso di una unità nella direzione dello sforzo applicato. Se questo processo continua, il semipiano addizionale può arrivare alla superficie del cristallo come in (c). Se ci sono meccanismi che generano semipiani, come vediamo in (d) a sinistra, il processo può continuare fino a sfaldamento completo del cristallo. Per ogni semipiano generato un altro, uguale ed opposto in orientazione e segno, viene lasciato dietro in questa migrazione.

Il processo di movimento delle dislocazioni è detto scorrimento (slip). La linea AB in (d) rappresenta la proiezione del piano su cui si muove la dislocazione (slip plane).

Le dislocazioni sono caratterizzate da un vettore, detto vettore di Burgers, b. Per trovare il modulo e la direzione di b è necessario compiere un circuito immaginario da atomo ad atomo attorno alla dislocazione (e). In regioni normali del cristallo un circuito come ABCDA, con una tralazione unitaria in ogni direzione, rappresenta un giro chiuso, con partenza e ritorno ad A. Invece, il circuito 12345 che passa attorno alla dislocazione non è chiuso perchè 1 e 5 non coincidono. Il modulo del vettore di Burgers è dato dalla distanza 1-5 e la sua direzione dalla direzione 1-5 (o 5-1).

Per una dislocazione ‘edge’, b è perpendicolare alla linea della dislocazione e perpendicolare alla direzione del movimento.

 

b) Dislocazioni ‘screw’

La dislocazione tipo ‘screw’ è un poco più difficile da visualizzare (vedi Figura). In (b), la linea SS’ rappresenta la linea della dislocazione. Davanti a questa linea il cristallo ha cominciato a scorrere, mentre dietro la linea il movimento non è ancora iniziato.

 

L’effetto dell’applicazione di uno sforzo continuo indicato dalle frecce in (b) è tale che il gradino di slittamento si estende gradualmente sull’intera faccia laterale del cristallo, mano a mano che la linea SS’ si muove verso la faccia posteriore (c). Per trovare il vettore di Burgers, consideriamo il circuito 12345 (a), che passa attorno alla dislocazione. Il modulo e la direzione del contatto 1-5 sono quelli del vettore b. Per una dislocazione ‘screw’, il vettore di Burgers è parallelo alla linea della dislocazione (SS') e perpendicolare alla direzione del moto di questa linea. Questo è l’opposto di ciò che vale per l’altro tipo di dislocazione. Si noti che gli atomi 54321 in (a) giacciono su una spirale.

Per entrambi i tipi di dislocazione, il vettore b è parallelo alla direzione di slittamento.

Anche in questo tipo di dislocazione è necessaria la rottura di un piccolo numero di legami atomici affinchè la dislocazione possa muoversi.

 

Effetti delle dislocazioni

Senza entrare nel merito dei processi complessi che generano le dislocazioni, consideriamo brevemente alcune conseguenze associate al movimento delle dislocazioni stesse.

La resistenza meccanica di un metallo puro, col formarsi di dislocazioni, può essere notevolmente indebolita. Ciò è ovviamente un pericolo serio per materiali metallici usati nelle costruzioni. E’ difficile infatti accertarne la resistenza a piccoli sforzi protratti su un lungo periodo di tempo. Tali piccole sollecitazioni possono essere infatti sufficienti a generare e muovere dislocazioni solo molto lentamente, ma i risultati sono cumulativi e, generalmente, non reversibili; si può così, senza apparente ragione, verificare una catastrofica rottura.

D’altro canto, come le dislocazioni possono indebolire notevolmente un metallo, così esse possono determinare l’effetto opposto, cioè aumentarne la resistenza e la durezza.

Un meccanismo consiste nell’incatenare le dislocazioni a certe impurezze atomiche, come gli atomi interstiziali di carbonio nel Fe. 

Una dislocazione si muove liberamente fino a che non incontra l’impurezza e viene effettivamente intrappolata e bloccata da questa (Figura).

Un processo molto importante per rendere maggiore la resistenza meccanica di un metallo è la lavorazione di indurimento (work-hardening). Percuotendo un metallo con un maglio si genera un enorme numero di dislocazioni che, in un materiale policristallino, presentano un gran numero di orientazioni.

Le dislocazioni iniziano a muoversi nel cristallo ma, prima o poi, si fermano. I confini dei grani provvedono efficacemente a fermare il movimento; infatti quando una dislocazione esce da un grano ne deforma la superficie e lo sforzo imposto ai grani adiacenti può impedire alla dislocazione di procedere oltre e raggiungere la superficie del cristallo. Inoltre, poichè la regione attorno ad una dislocazione risulta deformata, due dislocazioni possono respingersi a vicenda se si avvicinano troppo. Troppe dislocazioni generano un intrappolamento e ciascuna dislocazione non riescere a procedere in avanti ne all’indietro. Cio’ rafforza notevolmente il metallo (strain-hardening). Questi metalli induriti possono essere resi nuovamente malleabili e duttili mediante annealing ad alta T. Le alte temperature consentono agli atomi di muoversi e le dislocazioni possono riorganizzarsi o annullarsi.

E’ a tutti familiare il fatto che un filo di metallo tenero può essere ripetutamente piegato avanti e indietro e che dopo un po’ si rifiuta di farsi piegare e si spezza. Ad ogni piega si creano sempre più dislocazioni che scorrono nel metallo, fino al punto in cui il loro numero è tanto elevato che si impediscono a vicenda il movimento. A questo punto il filo metallico è incapace di ulteriori deformazioni plastiche e si rompe alla sollecitazione successiva.

Anche il problema della crescita dei cristalli (crystal growth) è stato risolto invocando l’esistenza di dislocazioni ‘screw’.

Supponiamo di voler far crescere un grande cristallo per esposizione di un piccolo frammento cristallino a vapori della specie. Dal vapore le unità (atomiche, molecolari) condenseranno ai nodi reticolari più facilmente e velocemente se i vicini del sito da occupare si trovano già in posizione. Quindi una nuova unità sarà poca attratta da un piano cristallino perfetto, più attratta da un gradino tra due piani e ancora più attratta da un angolo (Figura).

Se si assume il modello del cristallo perfetto e che la crescita avvenga piano dopo piano, la condensazione deve avvenire sopra un piano perfetto sottostante (a). 

A causa della debolezza delle interazioni in (a) un tale processo avviene troppo lentamente per accordarsi con le velocità di crescita sperimentali. Risulta più facile un processo di condensazione come in (b) o meglio ancora in (c). Se il cristallo contiene una dislocazione a vite (screw) come in (d), l’aggiunta di unità (come mostrato) consente alla struttura planare locale di crescere a spirale indefinitamente attorno alla dislocazione. I cristalli possono crescere più rapidamente in questo modo perchè la nucleazione di nuovi piani non richiede mai il meccanismo (a).