PROPRIETA’ MAGNETICHE E OTTICHE

 

Proprietà magnetiche

Abbiamo già avuto occasione di parlare in modo sporadico del magnetismo e delle proprietà magnetiche di diversi materiali (metalli ferromagnetici, ossidi isolanti magnetici). Cerchiamo ora di affrontare l’argomento in modo più sistematico.

I solidi inorganici che mostrano effetti magnetici diversi dal comportamento diamagnetico, che è una proprietà di tutte le sostanze, contengono elettroni spaiati. Questi sono più comunemente presenti sui cationi metallici.

Il comportamento magnetico è quindi largamente ristretto ai composti dei metalli di transizione e dei lantanidi, la maggior parte dei quali possiede elettroni d o f spaiati. Le proprietà magnetiche sono legate ai moti orbitalici e di spin degli elettroni atomici.

Sono possibili diversi effetti magnetici, mostrati per un ipotetico cristallo monodimensionale in Figura.

I casi illustrati si riferiscono alle seguenti situazioni possibli.

a) Gli elettroni spaiati possono avere momenti magnetici orientati in modo casuale sui diversi atomi, nel qual caso il materiale è paramagnetico. Questo è il comportamento tipico di atomi, molecole o complessi isolati e non interagenti.

 

b) I momenti possono interagire tra loro a dare diversi fenomeni di magnetismo cooperativo. La Figura illustra, in questo caso, una situazione di totale allineamento dei momenti che porta ad un materiale con momento magnetico totale che viene detto ferromagnetico.

 

c) I momenti possono avere un allineamento antiparallelo, a dare un momento magnetico totale nullo e un comportamento antiferromagnetico.

 

d) Se l’allineamento è antiparallelo ma con diversa popolazione nelle due orientazioni si ha un momento magnetico risultante non nullo e il comportamento è ferrimagnetico.

 

Esistono anche casi più complessi, come quello illustrato in Figura, detto spin glass, in cui atomi magnetici sono incorporati in un ospite non magnetico, con una casualità di orientazioni dei momenti che ricorda il disordine dei vetri.

Vi sono chiaramente forti analogie tra queste proprietà magnetiche e corrispondenti proprietà elettriche, come la ferroelettricità. Una differenza basilare è però l’assenza di monopòli magnetici, gli equivalenti magnetici delle cariche elettriche.

Ossidi magnetici, specialmente le ferriti, come MgFe2O4, trovano ampio uso nei trasformatori, per le registrazioni magnetiche e per gli hard-disk dei computers.

La teoria del comportamento magnetico è piuttosto complessa. Tra l’altro, per alcuni materiali isolanti e semiconduttori, il modello più appropriato è di tipo localizzato, mentre in altri casi, come nei metalli, è opportuno usare un modello delocalizzato a bande.

 

Comportamento delle sostanze in un campo magnetico

Quando una sostanza è posta in un campo magnetico, H, la densità delle linee di forza nel campione, nota come induzione magnetica o densità di flusso magnetico, B, dipende da H attraverso la permeabilità della sostanza, m

B = m H

B = m0H + m0M

dove m0 è la permeabilità dello spazio vuoto e M è la magnetizzazione o momento magnetico del campione.

Quindi, m0H è l’induzione generata dal campo da solo e m0M è l’induzione aggiuntiva dipendente dal campione. La suscettibilità magnetica c è definita

c = M/H

e quindi,

m = m0(1 + c)

Il rapporto m/m0, uguale a (1 + c), è noto come permeabilità relativa, cr.

 

La suscettibilità c è il parametro principale, che è solitamente usato per la caratterizzazione delle proprietà magnetiche e fornisce una misura della risposta di un campione ad un campo magnetico applicato. E’, quindi, l’analogo della permittività e polarizzabilità nel caso del campo elettrico.

La variazione della densità del flusso magnetico (numero delle linee di forza) in un campo magnetico è illustrata in Figura per un campione diamagnetico (a) e paramagnetico (b).

 

 

I diversi tipi di comportamento magnetico possono essere distinti in base ai valori di c e mr, e dalle loro dipendenze dalla temperatura e dal campo magnetico (Tabella).

 

Suscettibilità Magnetiche

Comportamento  c tipici* 

Variazioni di c all’aumento di T 

Dipendenza dal campo H

Diamagnetismo  -8x10-6 per Cu Nessuna No
Paramagnetismo   Diminuisce No
Paramagnetismo di Pauli 8.3x10-4 per Mn Nessuna No
Ferromagnetismo 5x103 per Fe Diminuisce Si
Antiferromagnetismo 0 – 10-2 Aumenta (Si)

          *In unità SI.

 

Per le sostanze diamagnetiche c è molto piccola e negativa. Nel caso delle sostanze paramagnetiche c è piccola ma positiva. Di conseguenza, le sostanze paramagnetiche sono attratte da un campo magnetico, mentre le diamagnetiche debolmente respinte.

I superconduttori, come sappiamo, mostrano un perfetto diamagnetismo; c ha valore –1 e il campo magnetico è completamente espulso.

Nelle sostanze ferromagnetiche c » 1 e tali materiali sono fortemente attratti da campi magnetici. Nelle sostanze antiferromagnetiche, c è positiva e comparabile o un poco inferiore rispetto alle sostanze paramagnetiche.

Effetti della temperatura

Le suscettibilità delle diverse sostanze magnetiche dipendono dalla temperatura. Molte sostanze paramagnetiche obbediscono alla legge di Curie, specialmente ad alte temperature. La legge stabilisce che la suscettibilità magnetica è inversamente proporzionale alla temperatura:

c = C/T

dove C è la costante di Curie. Tale tipo di comportamento si verifica quando non vi è interazione spontanea tra elettroni spaiati adiacenti. Essi tendono ad allinearsi in un campo magnetico, ma all’aumento della temperatura l’allineamento è più difficile e c diminuisce. La legge di Curie vale sono per ioni magnetici essenzialmente isolati l’uno dall'altro. Questo è il caso dei complessi dei metalli di transizione in soluzione. Nei solidi questi ioni interagiscono sempre, anche se poco.

Quando vi è qualche interazione spontanea tra momenti elettronici adiacenti, che può portare a ferro- o antiferromagnetismo a basse temperature, si può realizzare un miglior accordo per il comportamento a temperature superiori nella regione paramagnetica usando la legge di Curie-Weiss:

c = C/(T - q)

dove q è la costante di Weiss. Questi tipi di comportamento secondo le due leggi, sono illustrati in Figura (c-1 contro T).

I materiali paramagnetici che non mostrano tendenza ad un ordine magnetico danno grafici c-1 - T che per estrapolazione tendono a 0 K. Le specie paramagnetiche che tendono a un ordine ferromagnetico a basse T, presentano qualche allineamento locale anche a temperature superiori e quindi c è più alta che in una semplice specie paramagnetica. Inoltre, c-1 tende a zero a un valore positivo della costante di Weiss q, che di solito coincide con la temperatura ferromagnetica di Curie, Tc, sotto la quale il campione diventa ferromagnetico.

Le specie paramagnetiche che tendono ad un ordine antiferromagnetico a basse T, hanno valori di c più bassi che in una normale specie paramagnetica. Ciò ha l’effetto di spostare la curva di Curie-Weiss a temperature inferiori e il valore estrapolato di q è sotto 0 K. Ovviamente, tali temperature non possono essere mai raggiunte; per raffreddamento, invece, si sviluppa il comportamento antiferromagnetico al di sotto della temperatura di Nèel, TN, con scostamento rispetto alla legge di Curie-Weiss.

L’andamento complessivo delle suscettibilità magnetiche c al variare della temperatura nei diversi casi è mostrata in Figura.

 

In Tabella è data una selezione delle temperature di Curie e di Néel per alcuni metalli di transizione.

 

Valori selezionati di temperature di Curie e di Néel

Materiali Tc (°C) TN (°C)
Cr    35
Mn   -173
Fe 770  
Co 1131  
Ni 358  

 

Momenti magnetici

Le proprietà magnetiche sono spesso espresse in termini dei momenti magnetici, m, poichè questa grandezza dipende direttamente dal numero di elettroni spaiati. Le suscettibilità e i momenti magnetici sono spesso misurati con la bilancia di Gouy

Il campione è posto nel campo di un elettromagnete e si registra la variazione di peso in funzione del campo applicato. Nelle sostanze paramagnetiche gli elettroni spaiati sono attratti dal campo, con un conseguente aumento apparente della massa. La suscettibilità misurata viene corretta per vari fattori (compreso il diamagnetismo).

Le proprietà magnetiche degli elettroni spaiati sono dovute a due effetti: lo spin elettronico e il moto orbitalico. Il termine più importante è la componente di spin. Un elettrone può essere descritto classicamente come un centro di carica negativa che ruota attorno al proprio asse. La grandezza del momento di spin risultante, ms, è 1.73 magnetoni di Bohr, dove un magnetone di Bohr, (BM) è definito come

1 BM = eh/4pmc

 

(e = carica dell’elettrone, h = costante di Planck, m = massa dell’elettrone, c = velocità della luce)

Per un singolo elettrone libero ms vale

ms = g [s(s + 1)]1/2

dove s è il numero quantico di spin, 1/2, e g è il rapporto giromagnetico, che vale circa 2 per gli elettroni liberi e varia lievemente nei sistemi atomici e molecolari. Sostituendo si ottiene ms = 1.73 BM per l'elettrone singolo. Per ioni con più elettroni spaiati il momento magnetico totale è dato da

mS = g [S(S + l)]1/2

dove S è il numero quantico di spin totale, somma dei numeri quantici di spin dei singoli elettroni spaiati. Valori calcolati di mS per vari ioni di metalli di transizione sono riportati in Tabella.

 

Momenti magnetici (BM) in alcuni ioni metallici

Ione No. el. spaiati ms(calc) mS+L(calc) mosservato
V4+ 1 1.73 3.00 ~1.8
V3+ 2 2.83 4.47 ~2.8
Cr3+ 3 3.87 5.20 ~3.8
Mn2+ 5 (alto spin) 5.92 5.92  ~5.9
Fe3+ 5 (alto spin) 5.92 5.92 ~5.9
Fe2+ 4 (alto spin) 4.90 5.48 ~5.4
Co3+ 4 (alto spin) 4.90 5.48 ~5.4
Co2+ 3 (alto spin) 3.87 5.20 4.1-5.2
Ni2+ 2 2.83 4.47 2.8-4.0
Cu2+ 1 1.73 3.00 1.7-2.2

Il moto di un elettrone intorno a un nucleo crea, in generale, un momento orbitalico che contribuisce al momento magnetico totale. Quando il momento orbitalico dà un contributo si ha

mS+L= [4S(S + 1) + L(L + 1)]1/2

dove L è il numero quantico di momento angolare totale dello ione.

Il contributo del momento orbitalico è spesso trascurabile anche per atomi o ioni isolati della prima transizione. In pratica l’equazione non vale nei solidi in quanto il momento orbitale angolare è parzialmente o completamente cancellato. Questo avviene quando il campo elettrico degli atomi o ioni vicini restringe il moto degli elettroni.

Nei lantanidi il momento magnetico ha sempre un contributo orbitalico derivante dal momento angolare degli elettroni 4f. Nei metalli di transizione invece il moto orbitalico degli elettroni d è largamente controbilanciato dagli effetti del campo dei leganti, per cui si può usare come buona approssimazione l'espressione in cui il momento magnetico m dipende solo dallo spin S.

Lavorando con le applicazioni del ferro- e antiferromagnetismo si usa spesso un metodo alternativo, molto più semplice. Si pone il momento magnetico di un singolo elettrone spaiato uguale a 1 BM. Per uno ione con n elettroni spaiati il momento magnetico è pari a n BM. Quindi, gli ioni ad alto spin Mn2+, Fe3+ avranno entrambi un momento magnetico di 5 BM. Il metodo può essere quantificato con la semplice equazione

m = gS

dove g = 2.00 ed S, lo stato di spin dello ione, è uguale a n/2.

I valori così ottenuti spesso sottostimano i valori veri, ma danno una indicazione utile del valore di m.

Una variante consiste nel considerare g come un parametro aggiustabile; se g è posto maggiore di 2, si tiene conto di un contributo orbitalico. Così, per Ni2+, un valore di g nel range 2.2-2.3 viene spesso usato.

 

 

Materiali ferromagnetici

Nello stato paramagnetico i momenti magnetici individuali degli ioni con elettroni spaiati sono distribuiti in modo casuale. Un parziale allineamento si verifica solo applicando un campo magnetico. L’energia dell’interazione tra i dipoli e il campo magnetico è in genere maggiore dell’energia termica, kT, posseduta dagli ioni o dipoli.

Negli stati ferromagnetico e antiferromagnetico l’allineamento dei dipoli avviene spontaneamente. Ci deve essere quindi una energia di interazione tra momenti di spin adiacenti che determina l’allineamento, o di tipo parallelo o antiparallelo.

 

Metalli e leghe. Cinque metalli di transizione, Cr, Mn, Fe, Co, Ni, e la maggior parte dei lantanidi sono ferromagnetici o antiferromagnetici.

Anche molte leghe e composti intermetallici mostrano qualche tipo di ordinamento magnetico. 

Fe, Co e Ni sono ferromagnetici (Figura).

 

I materiali ferromagnetici presentano una direzione preferenziale di magnetizzazione. Si parla di anisotropia magnetocristallina come dell’energia necessaria per spostare la magnetizzazione rispetto alla direzione preferenziale. Nell’ a-Fe, bcc, gli spin puntano in una direzione [100], parallela a un lato di cella. Nel Ni, fcc, essi puntano in una direzione [111], parallela a una diagonale di corpo del cubo. Il Co ha struttura hcp e gli spin sono orientati parallelamente all’asse c della cella elementare. Questi esempi dimostrano chiaramente che il ferromagnetismo non è associato ad un tipo particolare di struttura cristallina.

Per inciso segnaliamo che questi materiali cambiano leggermente forma in seguito alla magnetizzazione: per Ni e Co si ha una contrazione nella direzione di magnetizzazione, ma si espandono in direzione perpendicolare. Per il Fe avviene il contrario a bassi valori del campo, mentre ad alti valori si comporta come Ni e Co. Il fenomeno si chiama magnetostrizione.

Il Cr e il Mn sono entrambi antiferromagnetici a bassa temperatura. Mentre il Mn ha una struttura complessa, il Cr è bcc, come l’a-Fe. Nel Cr gli spin sono disposti antiparalleli lungo uno degli assi della cella elementare cubica.

Alcune caratteristiche dei metalli ferromagnetici sono date in Tabella.

 

Costituzione elettronica di Fe, Co, Ni

   

Stato ferromagnetico

Metallo Config. ione libero Numero spin spaiati Configurazione
Fe d6s2   2.2 d7.4s0.6
Co  d7s2 1.7  
Ni d8s2 0.6  
 

In Figura è illustrata in modo diverso la dipendenza della suscettibilità magnetica o del momento magnetico dalla temperatura.

L’asse verticale rappresenta la magnetizzazione di saturazione, relativa al suo valore massimo allo zero assoluto. 

L’asse orizzontale è in scala di temperatura ridotta T/Tc. Quindi al punto di Curie T/Tc = 1. Questi assi ridotti facilitano i confronti tra materiali diversi (si vede che Fe e Ni si comportano in modo simile).

Sopra il punto di Curie Fe, Co e Ni sono paramagnetici.

La transizione da ferromagnetismo a paramagnetismo a Tc ha molte caratteristiche di una transizione di secondo ordine o di tipo L, un classico esempio di una transizione di fase ordine-disordine. Un perfetto ordine si può avere solo allo zero assoluto; a ogni altra temperatura c’è del disordine, che cresce con la temperatura.

Il comportamento ferromagnetico è assai complesso e abbastanza misterioso anche al giorno d’oggi, se consideriamo la valanga di pubblicazioni scientifiche sull’argomento uscite negli ultimi anni.

Alcuni punti in discussione riguardano la collocazione del ferromagnetismo nella Tavola periodica e quanti elettroni spaiati per atomo possono contribuire al ferromagnetismo. La situazione è la seguente.

I tre metalli ferromagnetici nella prima serie di transizione hanno le configurazioni elettroniche riportate nella Tabella precedente. Mentre nelle configurazioni fondamentali degli ioni liberi il livello 4s è sempre pieno, nello stato ferromagnetico la banda 4s non è piena, ma si ha un trasferimento di elettroni alla banda 3d. Evidenze di ciò vengono dalla teoria delle bande e dai valori della magnetizzazione di saturazione proporzionali al numero di spin spaiati. Infatti, il Fe ha un momento netto di 2.2 BM per atomo e quindi ha in media 2.2 elettroni d spaiati per atomo di Fe: cioè dei 7.4 elettroni d, 4.8 sono a e 2.6 b.

Per i chimici non è strana l’idea che gli elettroni possano trasferirsi tra i livelli 4s e 3d a seconda delle circostanze. Molto più misterioso è il massimo numero di elettroni spaiati che possono contribuire al ferromagnetismo negli elementi o leghe della serie 3d. Questo numero sembra essere 2.4 per atomo, ma non vi è, al presente, nessuna spiegazione soddisfacente di tale numero. Il valore massimo di 2.4 viene da una lega di composizione Fe0.8Co0.2. Il numero effettivo di elettroni spaiati varia a seconda del contenuto elettronico totale. Al crescere di questo, il numero di elettroni spaiati diminuisce gradualmente passando attraverso il Co e il Ni prima di scendere a zero nella lega Ni0.4Cu0.6. Quindi Cu puro è paramagnetico. Anche dall’altro lato rispetto alla composizione Fe0.8Co0.2, il numero di spin spaiati diminuisce sistematicamente, passando attraverso il Fe, il Mn e il Cr.

 

Paramagnetismo di Pauli e ferromagnetismo. Abbiamo già presentato (vedi la parte su Relazioni proprietà-struttura) una spiegazione del ferromagnetismo nel contesto della teoria delle bande (cioè per elettroni itineranti). In quel modello gli elettroni dei gusci interni danno un contributo diamagnetico alla suscettibilità magnetica, ma gli elettroni di valenza delocalizzati possono originare uno stato paramagnetico (paramagnetismo di Pauli) o uno degli stati di magnetismo cooperativo sopra citati.

Ricordiamo brevemente le considerazioni già svolte. La chiave di interpretazione è la densità degli stati DOS(E) [o r(E) o N(E)] vicino all’energia di Fermi, EF. DOS(E) dipende dalla natura e grado di sovrapposizione degli orbitali che formano quella particolare banda in corrispondenza di EF. Nel caso degli elementi della prima transizione vi sono due bande da considerare, risultanti dai livelli 3d e 4s-4p. Gli orbitali 4s-4p sono diffusi e si sovrappongono fortemente con quelli di atomi adiacenti, generando una larga banda di livelli, con una ampia distribuzione di energie e un numero relativamente piccolo di livelli nelle vicinanze di EF.

Invece, gli orbitali 3d degli ultimi metalli della prima serie di transizione sono più fortemente contratti attorno ai nuclei atomici individuali. Ciò porta ad una modesta sovrapposizione e ad una banda stretta, con alta DOS(E) (vedi il caso in Figura).

In una situazione ideale a bassa T ( → 0 K), in cui tutti i livelli sotto EF sono pieni, con elettroni a spin appaiato, e quelli sopra EF sono vuoti, non ci sarebbero elettroni spaiati disponibili a contribuire al paramagnetismo o a fenomeni di magnetismo cooperativo. 

La situazione cambia applicando un campo magnetico; si verifica infatti una situazione in cui gli elettroni con spin parallelo ad H si trovano ad energia leggermente inferiore di quelli con spin antiparallelo ad H, con splitting della banda dei livelli energetici in due sottobande, con spin ↑ e spin ↓ rispettivamente (Figura).

Si ha un trasferimento di elettroni da uno stato all’altro, che genera un momento magnetico netto. 

Questo tipo di magnetismo è noto come paramagnetismo di Pauli ed è un effetto molto debole, associato agli elettroni di conduzione, con una suscettibilità magnetica molto inferiore a quella dovuta a spin isolati e comparabile, in valore assoluto, al diamagnetismo.

Il paramagnetismo di Pauli è indipendente dalla temperatura, per l’assenza di spin spaiati nei livelli vicini a EF, ma è dipendente dal campo per l’effetto di splitting dei livelli nella parte inferiore della banda di conduzione.

Per spiegare il ferromagnetismo di Fe, Co e Ni, è quindi necessario invocare una diversa causa che renda disponibili molti più elettroni spaiati, che possano interagire in modo cooperativo.

Il modello teorico comunemente seguito si basa sul fatto che la banda 3d è molto stretta in questi metalli, il che porta effettivamente all’esistenza di un gran numero di elettroni spaiati. Attraverso un meccanismo di scambio diretto (Figura), questi elettroni possono guadagnare energia di scambio disponendosi paralleli, un guadagno che supera l’energia promozionale necessaria per formare stati singolarmente occupati.

Il meccanismo di scambio è quello proposto da Heisenberg nel 1928 e da lui applicato ad elettroni localizzati, mentre la presenza di elettroni itineranti era del tutto ingnorata. Fu Stoner (Proc.Roy.Soc. London A1938,165,372; 1939, 169, 339) ad utilizzare questo meccanismo in un contesto di elettroni delocalizzati (nell’ambito dell teoria delle bande).

La situazione descritta ricorda le configurazioni alto/basso spin in un complesso ottaedrico di un metallo di transizione. 

In Figura è riportato il confronto tra Fe2+ (d6) in basso ed alto spin e il caso di una catena monodimensionale con banda larga o stretta, a rappresentare un solido metallico. 

L’analogia ha dei limiti, e le principali differenze per un solido metallico reale sono che: (a) gli elettroni non sono localizzati, e (b) il numero di elettroni spaiati è inferiore al massimo possibile.

Nella maggior parte dei metalli le interazioni interatomiche sono forti e le bande larghe (Figura c). Gli elettroni sono quindi appaiati e non vi è magnetismo permanente (solo magnetismo indotto da un campo magnetico, cioè il paramagnetismo di Pauli). Una situazione come quella in Figura (d) è, in realtà, presente solo nei lantanidi, che hanno un magnetismo pricipalmente per elettroni localizzati (vedi più avanti).

La situazione descritta dalla teoria di Stoner per i metalli ferromagnetici (Fe, Co, Ni) è del tipo illustrato in Figura (d). I requisiti sono: banda d stretta e meccanismo di scambio diretto. La teoria è molto dettagliata, ma ne emerge essenzialmente un criterio previsionale (già citato in precedenza, usando simboli diversi). Un solido è ferromagnetico se

I x DOS(EF) > 1

dove I è una misura della forza dell’interazione di scambio (legata all’energia di appaiamento, P) e DOS(EF) è la densità degli stati al livello di Fermi. I due valori sono stati tabulati (Janak, Phys.Rev.B, 1977,16,255). 

I risultati dell’applicazione del criterio di Stoner ai metalli di transizione (Figura) sono corretti in linea di massima, con , però, qualche importante eccezione:

 il cobalto è previsto non-magnetico e il nickel è previsto come il più forte ferromagnete, invece del ferro.

 

 

In alcuni recenti lavori (G.A. Landrum, R. DronskowskiAngew.Chem.Int.Ed., 1999,38,1389; 2000, 39,4475.) sono stati suggeriti argomenti diversi per interpretare il ferromagnetismo dovuto ad elettroni itineranti. In Fe, Co e Ni le bande d non sono sufficientemente strette per poter considerare valida la situazione in Figura (d) sopra, e quindi non è immediatamente evidente come possano essere presenti elettroni spaiati.

Se l’ampiezza di banda è sufficientemente ampia la densità degli stati DOS è quella illustrata qualitativamente in Figura.

In (a) la parte ombreggiata contiene contributi di spin sia a che b. In (b) sono separati formalmente i contributi dei due sottoreticoli a e b, ma le DOS sono ovviamente identiche. Si ha un momento magnetico quando vi è differenza tra le popolazioni dei due tipi di stati a e b (c). La differenza è nota come polarizzazione di spin. In (c) la DOS per gli spin b è salita in energia rispetto a quella degli spin a, e, poichè le due DOS devono avere un comune livello di Fermi, risultano popolati più stati a che b. E’ questo che genera il ferromagnetismo.

Ma cosa determina la polarizzazione di spin?

Per comprenderlo esaminiamo quale sarebbe la struttura a bande dell’a-Fe (bcc) nel caso di assenza di polarizzazione di spin (non-magnetico). Ogni atomo di Fe è circondato da 8 primi vicini (a 2.48 Å) e 6 secondi vicini (a 2.87 Å). L’intorno separa gli orbitali 3d in due gruppi nei punti di alta simmetria della prima zona di Brillouin, eg e t2g (vedi Figura).

La curva DOS mostra la forma a ‘tre picchi’ tipica delle strutture bcc. L’analisi della popolazione elettronica degli orbitali cristallini applicata all’interazione Fe-Fe rivela, sorprendentemente, che il livello di Fermi EF passa in una regione che è antilegante per tale interazione.

Questo fatto è, in generale, indice di instabilità strutturale (vedi l’effetto Jahn-Teller, o le instabilità strutturali che portano alle distorsioni di Peierls o CDW).

Il sistema si deve evolvere, ma invece che nella struttura cristallina la variazione avviene nella struttura elettronica, portando ad una polarizzazione di spin. Calcoli realistici con un modello spin-polarizzato danno una diversa popolazione degli stati a e b, di circa 2.2 elettroni per atomo in accordo con i valori sperimentali (Figura).

 

Viene anche abbassata l’energia totale del sistema.

La polarizzazione di spin determina una contrazione del sottoreticolo a, che scende in energia e guadagna più elettroni. Allo stesso tempo il sottoreticolo b sale in energia, perde elettroni e diviene più diffuso.

L’effetto complessivo sulla struttura elettronica è di allontanare gli stati Fe-Fe antileganti dal livello di Fermi ed aumentare la forza del legame Fe-Fe di più del 5%.

 

La seguente Figura illustra in modo riassuntivo questa interpretazione del ferromagnetismo nei metalli della prima transizione.

 

Il ferromagnetismo nei metalli Fe, Co, Ni nasce dal venir meno di una situazione di simmetria (come nell'effetto Jahn-Teller) ma di tipo elettronico invece che geometrico e quindi si verifica solo per una concentrazione elettronica critica.